Alessio Dionisi, mister del Sassuolo Calcio, non guarda al passato ma pensa al presente e al futuro. Il tecnico neroverde, intervistato da Il Foglio Sportivo, è tornato sulla vittoria dei neroverdi lo scorso anno sui campi di Inter, Milan e Juve ("Bello, ma questo è il passato. Noi lavoriamo affinché ciò possa riaccadere. Anzi: a Torino ora abbiamo già giocato e perso. Quindi enigma risolto"). Ma quali sono le partite che gasano l'allenatore toscano? “Quelle dense di prestazione”. E si parte da lontano nel racconto: "Borgosesia-Cuneo, primavera 2017, la promozione in Serie C accarezzata fino al 93esimo. Poi Fiorenzuola-Imolese, un 4-1 che fu il biglietto da visita per approdare tra i professionisti. Quindi a Imola i playoff contro il Monza. Venezia? Lì cito la trasferta di Perugia, nell’ultima giornata di un complicato girone d’andata: chissà come sarebbe finita, se non avessimo vinto quella gara. Empoli. Una lunga cavalcata fino alla promozione in Serie A, in casa contro il Cosenza. Sassuolo? Forse la gratificazione più grande è stata battere l’Atalanta: si parla solo di chi alza trofei, ma per il loro percorso in questo decennio i nerazzurri per me hanno vinto tutto. Averli sorpresi sul piano del gioco è stato il coronamento del nostro progetto. Poi l’obiettivo rimane il lungo periodo. E così siamo ripartiti in estate".

SCELTI DA SASSUOLONEWS:

SassuoloNews LIVE on fire: 4 partite neroverdi del weekend in diretta

Laurientè: "Io, il Sassuolo, Mbappé, Boga, e Juninho. Inter, siamo pronti"

Pinamonti: "Non sono a Sassuolo per andare chissà dove. All'Inter ho mangiato tanta merda"

Dionisi ha parlato anche degli addii eccellenti in casa neroverde, a cominciare da Jack Raspadori: "Può soltanto rendere orgoglioso il Sassuolo e chi ci lavora: Giacomo si è formato qui da bambino, ha fatto vedere quanto vale e sapevamo che prima o poi sarebbe partito. La speranza era che rimanesse con noi un altro anno, ma certe opportunità vanno colte. Ora ha tutto quel che si merita. È solo all’inizio, ma è già un ometto. Più che per i complimenti, con i miei ragazzi tendo a farmi vivo quando serve un appoggio. Ma Raspadori ha un atteggiamento eccezionale. Una volta a La Spezia decisi di non farlo partire dall’inizio, confidando nel suo contributo a gara in corso: partita tosta, andiamo sotto di due gol, lui entra e fa doppietta. Poi in primavera lo provo nel ruolo di prima punta, dopo un intero campionato tra le linee. Gli parlo e cerco di capire come si sente: ‘Mister’, mi sorride, ‘avevo più dubbi quando mi avevi messo trequartista!’. Eppure non ce l’aveva mai fatto pesare. Limitandosi a lavorare duro ogni giorno, convinto dei propri mezzi tecnici e mentali. Mica ce ne sono tanti, di giocatori così”.

Anche per questo non sarà facile ripetere l’undicesimo posto della passata stagione: “Un privilegio per tutti: tre attaccanti del Sassuolo a rappresentare l’Italia, quando ricapiterà? Ma Pinamonti spero sia il prossimo: ha qualità importanti per ambire all’azzurro. Se ne ho parlato con Mancini? È venuto a farci visita negli ultimi mesi, più che altro per sondare i convocabili. Il numero di italiani nel nostro campionato si sta riducendo sempre di più, per quanto i bravi trovino spazio in Europa. Noi confidiamo di avere diversi ragazzi attrezzati: se meritano di giocare lo faranno. Ai giovani si deve dare la possibilità di sbagliare. Spesso non viene concesso questo diritto. Il sistema calcio porta pressione e ansia di risultati immediati: un circolo vizioso che alla fine si ripercuote sul percorso di crescita delle nuove generazioni. Qui a Sassuolo invece le incoraggiamo. Sperando di sbagliare poco, ecco”.

Poi il discorso si sposta sulla crescita del Sassuolo, al decimo anno consecutivo in A: "Il filo conduttore? La società. Dirigenza, rosa e addetti ai lavori: tutto deriva da anni di pianificazione. Dal rispetto dei ruoli e dalla valorizzazione delle persone. Oggi nel mondo del lavoro intravedo ovunque una competizione accanita, talvolta sleale. Si dà per scontato che i professionisti siano tutti impeccabili. Ma non è così. Qui a Sassuolo invece il lato umano è preponderante. E gratifica tutti”.

Da quest’anno nello staff c’è anche Francesco Magnanelli, primatista di presenze (520) e fresco di ritiro. “Io per primo l’ho voluto con noi: ha un’esperienza unica con questa maglia, ne incarna i valori ed è un esempio trainante per i giovani. Berardi? Già: Sassuolo non conosce la Serie A senza Berardi. Su di lui ho già detto tutto. Lo aspettiamo e intanto chi gioca al suo posto ha la chance di mettersi in mostra”.

A sorprendere Dionisi però non sono stati i nuovi: "Confermarsi non è mai scontato e non lo sarà neanche quest’anno, ma sapete chi mi sta colpendo di più? I veterani, di cui si parla sempre poco: Pegolo, Consigli, Ferrari, Obiang, Defrel. Sassuolo è una realtà importante, ma anche il comune più piccolo della Serie A: le motivazioni bisogna scavarle dentro di sé. Quindi chi è qui da tempo ha il compito delicato di trasmetterle ai nuovi arrivati. Che poi magari si prendono la scena. Ma se ci riescono, è merito del lavoro occulto dei più esperti”.

Dionisi nutre un rispetto innato per la gavetta. “Potrebbe essere altrimenti? Non allenavo fra i dilettanti con l’ambizione di arrivare quassù in così poco tempo, anche perché da calciatore mica ho avuto un passato da Serie A. Perciò piedi per terra e lavorare: ora non mi sento inadeguato, ma la differenza la fanno i giocatori a mia disposizione. Serve anche una buona dose di fortuna, oltre ai meriti e ai risultati. Tutte le componenti fin qui mi hanno sorriso”.

Sorpresa quando si parla di modello: “Stefano Vecchi: un profilo unico”, che allenava Alessio ai tempi del Tritium (2009-11) e ora siede sulla panchina della FeralpiSalò. “Il punto fermo nel nostro mestiere è la credibilità, che non deve mai venire meno. Poi l’assumersi le responsabilità degli insuccessi: bisogna trasmettere ai ragazzi di essere sempre con loro. E che le proprie scelte sono per il bene del gruppo, al di sopra di ogni pregiudizio. Quando parlo non ho la presunzione di convincere gli altri, ma difficilmente cambio opinione. La squadra ideale? Quella che non specula mai sul risultato. Ritengo che un calcio propositivo esalti i singoli. E che i singoli, imparando a conoscersi sul campo, rafforzino il rendimento collettivo”.

Spazio anche alla sfera privata: "Faccio il papà di una neonata dopo 14. E i miei hobby sono gli affetti. Quando esco dal centro sportivo, se non ceno a casa con moglie e bimbe è per stare con gli amici. In questo senso i neroverdi aiutano. Non faremo il pienone allo stadio, ma accogliamo i nostri tifosi per un brindisi con la squadra: persiste una convivialità d’altri tempi. L’identità Sassuolo? Ve la dico in un giro di campo. Al primo giorno di allenamento, Obiang e Marchizza rientravano da due importanti infortuni: tutti i compagni li hanno accolti con un applauso. Lungo, sentitissimo. Questo vale più di ogni risultato".

Sezione: News / Data: Sab 08 ottobre 2022 alle 10:33
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
vedi letture
Print