L’ultima sua esperienza in panchina risale al 2014, con il Sassuolo: subentrò ad Eusebio Di Francesco, collezionò 5 sconfitte in 5 partite, tanto che Di Francesco fu richiamato al suo posto. Alberto Malesani, da allora, non allena più e nel 2020 ha dichiarato il ritiro ufficiale dalle scene. Oggi passa le giornate nella Val Squaranto, a nord est di Verona, dove ha piantato una vigna e creato la cantina “La Giuva Vinery”, dal nome delle due figlie, Giulia e Valentina, che lavorano con lui. Intervistato dal Foglio Sportivo, Malesani ha parlato dell'ultima esperienza a Sassuolo: "Sai perché mi è dispiaciuto che sia finita così con il calcio? Perché io ero sempre in fase di sperimentazione, avevo sempre nuovi progetti e mi piaceva completarli, ma con l’ultimo non ci sono riuscito. Sono sempre stato uno che ha avuto la voglia di analizzare tutto, allenavo tra sperimentazioni e risultati. La bellezza del calcio per me era questa, sperimentare e fare risultati".

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Ancora Malesani sulla sua idea di calcio: "Sono contrario ai droni, al calcio dalla tribuna, ai video dall’alto. Io pensavo all’allenatore che entra dentro l’occhio del calciatore, io pensavo a questo, a un lavoro particolare, nuovo. Vedo più la telecamera nella testa di un giocatore che un drone sulla sua testa. Ero più avanti della match analysis. Facevo un lavoro di questo tipo. Nei corsi si insegna come allenare i giocatori ma non come allenare un allenatore. Io sentivo la necessità di abbandonare il lavoro sul sistema di gioco e di farne uno tridimensionale sul giocatore. Avevo anche pensato di trasmetterlo ai dilettanti, ai giovani, perché i professionisti sono sordi, pensano di sapere tutto. Offerte? L’unica che mi interessava veramente era quella di una Nazionale. Ecco, purtroppo in Italia pensano che l’esperienza e l’età siano una zavorra. In realtà l’esperienza andrebbe messa a frutto, andrebbe utilizzata, magari per sostenere i giovani».

Chiude Malesani parlando delle italiane in Europa e degli allenatori del momento: "Mi piace da morire Allegri, perché è pratico, intuitivo e magari, inconsciamente, entra in quel lavoro nella testa dei giocatori di cui ti parlavo. Lui crede di più al giocatore che a tanti discorsi. C’è chi lo ha discusso, sostenendo che non è al passo con i tempi. Invece è avanti, cura l’aspetto visivo dei giocatori, non il suo, così esalta le sue qualità rendendolo felice nel ruolo che gli piace. Tutti pensano che sia facile vincere cinque scudetti alla Juve, ti assicuro che non è facile. Gap in Europa? La faccenda è seria. Noi come fatturati siamo sotto e quello è il primo e più importante aspetto. Il secondo è che in Italia c’è più attenzione a entrare nella Champions che a vincerla. Ed è lo stesso ragionamento che fanno in basso, c’è più tensione a salvarsi che a costruire qualcosa di più. Ma ti sei accorto che quelli che arrivano tra le prime quattro è come se avessero vinto in campionato? Anzi, diciamo che lo scudetto è un accessorio. La chiamo mentalità al ribasso. Rimedi? Ci vogliono allenatori bravi a preparare le partite singole. Allegri è uno di questi, infatti è l’unico da più di dieci anni in qua ad aver giocato due finali di Champions. L’allenatore è un manager, ma deve fare anche altro, deve esaltare al massimo le capacità dei giocatori".

Sezione: Non solo Sasol / Data: Lun 31 maggio 2021 alle 18:02
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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