Gian Piero Gasperini, allenatore della Roma, ha parlato in conferenza stampa prima della gara di Serie A contro il Sassuolo. Ecco le sue dichiarazioni riprese da VoceGiallorossa: "L'attitudine a entrare in area di rigore è allenabile, è il problema principale, quindi se è allenabile dobbiamo allenarci a fare meglio. Dobbiamo giocare di reparto in attacco: quando si gioca in difesa si gioca anche in attacco di reparto, bisogna giocare sulle posizioni, sui movimenti, sugli smarcamenti, bisogna andare dentro l’area, bisogna andare a chiudere, bisogna fare tante cose. Come si fa nell’organizzazione difensiva, lo si può fare anche nel gioco d’attacco, soprattutto adesso. Dobbiamo continuare a lavorare: abbiamo recuperato tutti i giocatori, adesso abbiamo recuperato Dybala, stiamo recuperando anche Bailey. Abbiamo un po’ tutti quanti i giocatori d’attacco e dobbiamo assolutamente fare una svolta in positivo anche in quel senso".
Dopo il Vikoria Plzen ha parlato di esame di coscienza. Volevo capire se era un esame di coscienza che deve fare lei con la squadra, o che si devono fare i calciatori, oppure se era un altro tipo di riflessione.
"Al di là della parola, l’intendimento era quello di lavorare tecnicamente sulla squadra, sul gioco. Non è una questione di coscienza, se ho usato quella parola l’ho usata in modo sbagliato. Era riferito al fatto di lavorare sui movimenti, sugli smarcamenti, sull’andare negli spazi, sull’attaccare la profondità, sul giocare in zone più pericolose, che sono sicuramente dentro l’area. Non è quella zona centrale fuori area, molto comoda per ricevere palla, ma per gli attaccanti la zona determinante è la prossimità dell’area: vicino all’area, dentro l’area, sulla linea di fondo. Sono questi gli spazi dove si creano i presupposti per fare gol o per farli fare. Tutto il resto è preparazione. Quindi, inteso in quel senso".
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L’approccio della squadra: siete sempre andati sotto nei primi 20 minuti. C’è una difficoltà a entrare in campo con la giusta concentrazione? È un aspetto su cui si può lavorare? E soprattutto, può essere legato a una pressione sui calciatori, nel momento in cui la squadra sta andando bene e vincendo?
"Le cose possono essere tante, si può pensare a tutto e cercare di migliorare. A volte ci sono periodi così, altre volte invece siamo andati in vantaggio noi. A Firenze, ad esempio, siamo riusciti a ribaltare la partita. Devo dire che in queste ultime due partite abbiamo preso davvero due brutti gol, però soprattutto con l’Inter abbiamo avuto la reazione che dovevamo avere, anche se non siamo stati molto fortunati. L’altra sera probabilmente dovevamo fare di più, anche se la reazione della squadra c’è stata, come già con l’Inter: un secondo tempo sicuramente positivo, a dimostrazione che sul piano atletico stiamo bene".
La Roma si esprime meglio quando ha un punto di riferimento davanti. Con il “falso nove”, con Dybala, la punta centrale fa più fatica a produrre occasioni da gol. E poi avevo una curiosità su Ferguson: che cos’è accaduto con lui? Perché parte in ritiro, gioca le prime amichevoli, sembra sempre un ragazzo sul pezzo, poi all’improvviso, dopo Pisa, è sparito. È un problema tecnico, atletico o tattico?
"Ferguson ha partecipato a nove partite, l’unica che non ha giocato è quella di Firenze. Le cose di cui si parla non sono in campo. Poi, come sempre, ognuno può dire tutto e il contrario di tutto. Ma lui ha sempre la possibilità di dare risposte in campo. In questo momento, ultimamente, le risposte non sono state positive, in modo abbastanza evidente. Devo dire la verità: ieri, per la prima volta nella stagione, non sapevo nemmeno se convocarlo o meno. È un ragazzo di 21 anni che arriva non da campionati straordinari, ma da realtà dove ha giocato poco. Ha giocato più in questo periodo che in tutto l’anno scorso. Probabilmente mi aspettavo qualcosa di diverso, ma è un altro campionato, un altro paese, un’altra dimensione. Con ragazzi così giovani possono esserci momenti molto difficili, però bisogna essere pazienti, aspettare che abbiano una reazione. Se mi chiede spiegazioni precise, non si può spiegare sempre tutto: si aspetta, si lavora, si fa. Le risposte devono arrivare dal campo, non da altro".
Sul fatto di giocare con una punta di riferimento?
"Io non interpreto il calcio pensando che il centravanti debba essere per forza alto e grosso. Si può giocare in tanti modi. L’importante è che la squadra sia pericolosa. Non è necessario avere un centravanti di statura o fisicità: il calcio è pieno di esempi diversi. Quello che conta, secondo me, sono altre cose: la tecnica, la velocità di tiro, l’abilità nel calciare, nel colpire, nello scambiare, nel triangolare. Ci sono tante situazioni. Poi, certo, se hai un giocatore là davanti che ti risolve tanti problemi, la strada è molto più corta".
Volevo sapere se ha avuto modo di parlarne con Dybala e se domani potrebbe essere in grado di giocare dall’inizio, considerando lo sforzo fatto giovedì, quindi a pochi giorni dalla partita.
"L’importante è che in quel momento non l’ho sentita, anche perché non la ritenevo assolutamente vera o giusta. Poi dopo, insieme a tutti gli altri ragazzi, ne abbiamo parlato nello spogliatoio: a volte, soprattutto a fine partita, le parole non rappresentano davvero ciò che si vuole dire, però era abbastanza chiaro. La parola 'mosci' non esiste, e la parola 'sottovalutazione dell’avversario' in questa squadra non esiste, perché questo gruppo non lo merita. Questo gruppo può avere dei limiti, può commettere degli errori – e dobbiamo accettarli – ma sotto il profilo comportamentale è molto forte e molto sano. Da quel punto di vista non si giustificano mai le sconfitte. L’atteggiamento non è mai stato e non dovrà mai essere sbagliato, altrimenti quello sì che sarebbe un problema".
E dal punto di vista fisico, Dybala può giocare dall’inizio?
"Sì, può giocare, perché fisicamente sta bene. L’altra sera ha mostrato una buona resistenza, contrariamente a quello che magari si pensa: ha una buona tenuta, come tutti i giocatori di livello. Non ha problemi fisici e, quando sta bene anche sul piano tecnico, non ha limiti. Deve cominciare a presenziare di più nell’area, a fare gol e assist: queste sono le cose importanti, perché lui è un attaccante, non un centrocampista. È un giocatore che può anche aiutare la squadra nella manovra, ma la sua essenza è quella dell’attaccante: vale tanto quando fa gol, quando crea pericoli, quando attacca la porta, quando tira. Ora sta bene, e questa è una cosa che mi fa molto piacere".
In queste ultime partite abbiamo visto tanti cambiamenti nel reparto difensivo, che era forse la certezza maggiore. Immagino per necessità, per ampliare le rotazioni e verificare i calciatori. Tuttavia, penso a destra a Ziolkowski, che era stato presentato come ricambio di Mancini ma è stato impiegato largo; a sinistra Wesley, che è arrivato nel secondo tempo ma a destra aveva dato risposte migliori. Vorrei capire che tipo di risposte ha avuto lei da questi cambiamenti e se, nei due approcci con Inter e Plzen, pensa che abbiano creato un po’ di confusione, perché alcuni errori individuali sono sembrati legati proprio a questi spostamenti di ruolo.
"Sono d’accordo, assolutamente. Ci sono stati tanti cambiamenti, ma bisogna considerare anche il numero di partite ravvicinate. Alla fine, Ziolkowski ha giocato mezz’ora l’altra sera e anche qualche minuto a Firenze, ma stiamo scendendo in campo ogni tre giorni: è normale dover fare qualche rotazione in difesa. Per il resto, ho sempre schierato Celik, Hermoso e Mancini, con qualche cambio. Wesley, ad esempio, ha giocato a sinistra con l’Inter molto bene, come Celik dall’altra parte. Tutti questi adattamenti di ruolo sono normali: Wesley è destro ma può giocare anche a sinistra, come spesso accade in tante squadre. Secondo me ha fatto due ottime partite, e questo è quello che conta davvero. Non li ho messi fuori ruolo, semplicemente ho adattato alle necessità del momento. È chiaro che, giocando ogni tre giorni, a volte serve inserire un attaccante in più o modificare l’assetto, adattando qualcuno a fare l’esterno, come è stato per esempio con Soulé. Questo è l’effetto dei cinque cambi: a seconda di come va la partita — se vinci, se perdi, se devi rimontare — non si può essere rigidi. Esce uno, entra un altro, e di conseguenza cambiano anche le posizioni. Bisogna essere flessibili, fa parte del calcio moderno."
Lei molto spesso ha detto che determinate scelte di formazione sono dettate da situazioni d’emergenza. Secondo lei, in questo momento ci troviamo davvero in una situazione d’emergenza, al punto da far giocare con il falso nove e tenere in panchina dei titolari in quel ruolo? Oggi si sente di dire che la sua squadra è un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Si immaginava di trovarsi in questa posizione di classifica? È soddisfatto?
"Sì. Beh, io ho tre figurine… Stiamo battagliando. Questo è un campionato tosto. Avete visto ieri? Il Pisa è andato vicino a vincere con la prima in classifica. È un campionato dove bisogna mettersi lì, convinti. Non è facile avere grande continuità di risultati: ogni partita, in Italia, fa la differenza. Ci sono tante squadre molto vicine. Io non ho tempo di abbattermi per una partita persa: per quanto mi dispiaccia e mi dia fastidio, dobbiamo pensare subito a quella successiva, perché siamo lì. Tutto il resto va bene: si può dire tutto e il contrario di tutto, ma noi dobbiamo guardare dentro noi stessi, cercare di migliorare e fare dei passi avanti. In questo momento abbiamo una difficoltà principale — perché possono essercene tante — ma la più evidente è quella di fare gol, soprattutto in casa. Ed è la prima cosa che dobbiamo risolvere. Non c’entra il falso nove o il centravanti di ruolo: chi sta bene, chi sa calciare, chi sa stoppare, chi sa premere, chi ha fame e va a far gol, gioca. Gli esempi nel calcio sono infiniti: ci sono squadre che hanno fatto gol con o senza centravanti, con punte di movimento o di stazza. L’importante è trovare la strada giusta, perché se non si segna, il calcio perde la sua essenza."
Lei ha detto che se uno ha un centravanti forte, la strada per migliorare in attacco è più corta. Ha anche ribadito, però, che la squadra è questa e che bisogna migliorare con i giocatori che ha a disposizione, senza disperarsi. Le chiedo allora: questo attaccante forte, nei prossimi mesi o a gennaio, lo sta cercando? È una volontà sua, della società o della dirigenza?
"Non credo che a gennaio ci siano cose fantastiche, questa è la mia esperienza. L’importante è la caratteristica. In attacco contano le caratteristiche: gli attaccanti esterni, le punte centrali, dipende da cosa ti serve. Forse si può valutare qualcosa, ma non credo che a gennaio si presenti una grande opportunità. In questo momento, però, non sto nemmeno pensando al mercato: sto pensando a migliorare questa situazione che ci sta penalizzando e che, per certi versi, ci fa apparire anche peggio di quello che siamo. È chiaro che la sconfitta in Europa League dell’altra sera brucia, fa male. Già perdere con l’Inter ci aveva dato fastidio, ma perdere l’altra sera, contro una squadra che non avremmo dovuto perdere, pesa. Tuttavia, giocando ogni tre giorni, l’unico obiettivo è migliorare. Anche attraverso esperimenti, come diceva lei, e attraverso delle prove. Molti giocatori sono stati fuori: Dybala è mancato per due settimane, altri hanno avuto problemi. Bisogna provare, andare in campo e vedere cosa succede, più che in allenamento, perché non c’è il tempo. Si lavora sulle partite e da lì si costruisce. E poi ci sono gli attaccanti: ne abbiamo sei o sette, quindi l’unica cosa è alzare l’efficacia attraverso il lavoro quotidiano".
I due giocatori in particolare, Ziolkowski e Dovbyk, non hanno disputato una partita così positiva. Come ha reagito Dovbyk in questi due giorni ai fischi ricevuti all’Olimpico? E come li ha visti entrambi?
"I fischi, quando si perde in casa, ci stanno. Ci stanno per un giocatore, come per tutti quanti. La reazione deve essere quella di rifarsi subito, di andare in campo nella partita successiva e prendersi gli applausi. Finché un giocatore è nella Roma, da parte mia va sostenuto: i fischi fanno riferimento alla prestazione, ma da parte mia va spinto e portato avanti chiunque. Ognuno deve reagire dopo una partita non positiva, lavorare e migliorare. L’obiettivo resta sempre uno: crescere e migliorarsi. Siamo ancora in una fase iniziale, ma credo che rispetto alle altre squadre abbiamo buoni margini per fare meglio. Non è una cosa così difficile: possiamo solo migliorare".
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