Fabio Grosso. L'uomo passato alla storia per il grande Mondiale del 2006 e ora alla guida tecnica del Sassuolo si è raccontato ai microfoni de Il Giornale. Due gli urli famosi di Grosso: "Forse addirittura tre - dice il tecnico - visto che ce n'è uno molto più nascosto, quello contro l'Australia, quando Lucas Neill mi atterra in piena area all'ultimo minuto di quell'ottavo di finale superato grazie al penalty da me procurato e realizzato da Totti. Però l'urlo di Tardelli è in cima a tutto e quando l'ho conosciuto gliel'ho anche detto. Il suo urlo è un'opera d'arte di sublime bellezza. Ero piccolino, avevo solo cinque anni, ma la gioia per quel gol mi è restata dentro: oggi è manifesto e leggenda".

Anche i suoi non sono male...
"Lo so, lo so, me lo ricordano in tanti e alcuni mi hanno detto: solo il tempo ti farà capire compiutamente quello che sei stato capace di fare. L'urlo sprigionato con la Germania è stata la sublimazione di un'azione corale; quello con la Francia l'apoteosi di un mondiale pazzesco".

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Il dopo è fatto di tante cose: da calciatore e allenatore. L'oggi è un nuovo calcio d'inizio, con il suo Sassuolo che ha riportato in A con 5 giornate di anticipo.
"E dopo una promozione ottenuta da favoriti, cosa tutt'altro che scontata né facile. Questo però appartiene al passato. Sabato si riparte con un gruppo di ragazzi fantastici e con un Berardi bandiera. Cosa chiedo loro? Quello che mi chiedono Veronica Squinzi (la signora Mapei, vice-presidente della società, ndr) e Giovanni Carnevali (Ceo del Sassuolo): continuare a sognare. Guai accontentarsi".

L'inizio è come una scalata dell'Everest: c'è subito il Napoli campione d'Italia dell'amico Antonio Conte.
"Tra i grandi con i più grandi, senza paura. Il Napoli è anche più forte, ma noi però siamo consapevoli della nostra forza. Come sono solito dire, dalle difficoltà dobbiamo essere bravi a trovare delle opportunità".

Lei ha incontrato sulla sua strada tanti allenatori: da Cosmi a Guidolin, da Delneri a Mancini, da Ferrara a Zaccheroni fino a Conte nei club. Poi Trapattoni, Lippi e Donadoni in Nazionale. A chi si aspira?
"A tutti. Ognuno, a suo modo, mi ha dato: sono stati spunto di riflessione e ispirazione".

Da allenatore, per adesso, tre successi: due promozioni con Frosinone e Sassuolo e il Torneo di Viareggio con la primavera della Juventus. A quale è legato maggiormente?
"Sono stati tutti diversi e tutti importanti, anche se poi come successo intendo anche quando non si vince ma si riesce a lasciare nei giocatori e nella società qualcosa del tuo lavoro. Poi il successo più bello sarà quello che dobbiamo ancora ottenere".

Lei sarebbe contento quest'anno di salvarsi o coltiva qualcosa di più?
"Mai porsi limiti".

Lei è l'uomo dell'urlo di Berlino, ma da allenatore è uno che alza la voce?
"Io cerco il dialogo e la complicità. A me piace dare ai ragazzi delle opportunità per fare in modo che crescano e si realizzino, esattamente come è capitato al sottoscritto. È chiaro che per ottenere certi risultati bisogna ricorrere a diverse modalità: ogni tanto la carota e quando serve anche qualche urlo, ma pochi: meglio il dialogo e la condivisione degli obiettivi".

Ha la possibilità di allenare per almeno due giorni un grande giocatore: chi sceglie?
"Bella domanda. Potrei prediligere un calciatore offensivo da quaranta/cinquanta gol a stagione, ma sarebbe forse troppo banale. Preferisco indietreggiare un po' e scegliere un giocatore che contribuisce alla costruzione dei gol. Mi consenta però di fare due di nomi, tanto è un gioco: Frenkie de Jong e Vitinha. Giocatori pazzeschi, li allenerei volentieri".

Mister, ultima domanda: ma cosa ha pensato prima di calciare il pallone in rete contro la Francia?
"A nulla. Assolutamente a nulla: ma che ricordi".

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Sezione: News / Data: Gio 21 agosto 2025 alle 12:44
Autore: Manuel Rizzo
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