In tanti, nel nostro mestiere, sognano di fare i giornalisti ad alti livelli come lui. In tanti, non lo diciamo per retorica, quando parlano dei grandi giornalisti della tv, non possono non pensare a Marco Nosotti. Il volto di Sky Sport, uno dei bordocampisti per eccellenza, ha parlato in esclusiva con noi di SassuoloNews.net del mondo neroverde. Prima di diventare uno dei volti più celebri della tv, il Noso, come tutti amano chiamarlo, ha anche indossato la maglia del Sassuolo, difendendo la porta neroverde. Dagli aneddoti legati alla sua esperienza in porta negli anni '70 fino alla crescita della società emiliana, ora sotto gli occhi di tutti. Nosotti ha parlato anche di attualità, della ripresa del campionato e dell'idea di mister De Zerbi che potrebbe presentare alla ripresa due squadre omogenee da far alternare.
Innanzitutto come stai e come hai trascorso la quarantena?
"Durante la quarentena ho ritrovato la famiglia, che non è facile per chi è abituato a stare sempre in giro. Ho un po’ letto, un po’ guardato la tv, vecchie partite, come tutti, aspettando di ripartire. Preoccupato e lo sono ancora adesso perché, che se ne dica, non lo abbiamo ancora sconfitto questo virus. Però niente, mi sono studiato un po’ di allenatori e giocatori nuovi in attesa di ripartire".
Si riparte con il calcio giocato a 3 mesi di distanza da Sassuolo-Brescia: è la decisione più giusta?
"Ci ho pensato a lungo. Apprezzo la considerazione fatta da Carnevali, uno dei pochi a mantenere una certa coerenza nel mondo del calcio. C’è una differenza tra calcio giocato e azienda calcio: l’azienda calcio aveva bisogno e necessità di ripartire, rispettando il dolore, la tragedia, le regole, ma doveva ripartire. Il calcio anche, però la cosa che mi ha colpito in questa vicenda è che, come sempre in Italia, si è giocato a scaricabarili, nessuno ha preso le proprie responsabilità. Sappiamo che è una situazione anomala e straordinaria e richiedeva bisogno anche atteggiamenti nuovi: il primo di tutti quello di stabilire le regole, prima di cominciare. Mi sembra che ci arriviamo dentro e le cambieremo a giochi in corso. E poi la disponibilità a perdere ognuno qualcosa di se, non soltanto qualche soldo ma qualcosa in generale, pensando al bene di tutti, al bene della categoria, il bene di questo mondo, che è un’ambiente importante, bisognava accettare di perdere qualcosa. Certi tira e molla non mi sono piaciuti, certe soluzioni, nessuno decide mai e quando si decide bisogna tornarci sopra per gli interessi di alcuni si va poi a rivedere tutto. Però l’azienda calcio è giusto che parta, il compromesso anche delle porte chiuse è necessario, anche se il calcio è un’altra cosa, lo sappiamo, ma credo che siano passi da compiere per riprendere. Sarebbe anche interessante l’idea che aveva proposto Galliani di riprendere più tardi, attendere di vedere come vanno le cose, come va la curva di contagi, senza questo tour de force e poi allineiamo l’anno solare con bilanci e campionati perché tanto il 2022 ce lo impone. Però adesso vediamo. La mia grande perplessità e come i giocatori risponderanno a tutto questo: le gambe dicono una cosa e la testa un’altra. Non abbiamo mai avuto una pausa così lunga con lavori limitati. Anche d’estate quando stai fermo fai altre cose, vivi altri spazi, psicologicamente vivi un’altra dimensione di ricarica. Cosa succederà nei giocatori che per nove settimane in mezzo sono stati sempre in casa? Ecco la mia perplessità è questa: che tipo di calcio ne verrà fuori, come staranno fisicamente perché non hanno mai avuto una situazione del genere".
Il Sassuolo riparte da tre gare impegnative contro Atalanta e Inter (in trasferta) ed Hellas Verona in casa: che finale di stagione ti aspetti dai neroverdi?
"Mi sono chiesto anche io come si possa fare. Nel senso, si riparte a duemila, riusciamo a fare una preparazione per cui in poco tempo sparo le mie cartucce e intanto punto a una salvezza tranquilla, mi sembra che sia decisamente alla portata del Sassuolo, che è una squadra che può non plecudersi niente però c’è questa incognita, questa anomalia. L’Atalanta ti rompe le scatole però il tipo gioco che ha fatto vedere il Sassuolo, quel modo di costruire da dietro, di avere pazienza, di ricominciare l’azione, quel pressing alto dell’Atalanta, una volta superato quel pressing dell’Atalanta nella tua metà campo, dopo si presentano delle signor praterie per cui penso possa essere interessante. Sono impegni proibitivi. Tra l’altro son due modi di giocare, due difese a tre differenti: l'Atalanta fa una difesa a 3 vera ma l'Inter ha la veemenza di quell'uomo in panchina e la qualità dei suoi uomini e checché ne dica Antonio Conte sa farti male nello spazio e in ripartenza, l'Atalanta ti fa male con l'aggressione e tutti hanno grande capacità realizzativa e il Verona non è da meno, con un pizzico di qualità in meno è un'altra Atalanta. Poi bisogna valutare l'aspetto psicologico perché l'Atalanta e il Verona stavano facendo bene. E' un trittico imprevedibile che può darti 6 punti come meno. Però il gioco di De Zerbi, quel gioco con la partenza da dietro, con quella pazienza e la capacità di leggere con pazienza quello che la partita ti dà. Sai di poter prendere gol ma non è un caso che il Sassuolo ha fatto 38 gol su 41 su azione e non è un caso che il Sassuolo, insieme a Juve e Napoli, fa un numero d'azioni d'attacco, più di 300, con almeno 10 passaggi e questo vuol dire capacità di palleggio, vuol dire gioco. Il Sassuolo ha diverse soluzioni e non sai mai come ti viene a prendere. Spero si possa ritrovare il Sassuolo di prima. Sono tre sfide importanti e non semplici però io confido in un Sassuolo, perché ha gioco e idee, e mi piace. Poi il calcio è imprevedibile, lo sappiamo".
In questi giorni hai parlato dell’idea che ha in mente De Zerbi che potrebbe di fatto rivoluzionare la concezione di turnover: il mister starebbe pensando a una sorta di formazione A e una sorta di formazione B da far alternare in vista del tour de force finale, con partite ogni 3-4 giorni. Spiegaci meglio.
"E' un'idea. Un'idea che mi ricorda Velasco, che fece Azzurro 1 e Azzurro 2. Il discorso è molto semplice ed è proprio perché non sai che tipo di risposta puoi avere dopo tanta pausa. Puoi fare due gruppi, non è detto che lo faccia, ma l'idea è di avere due gruppi omogenei, non necessariamente la A e la B, cioè una più forte e una meno, ma avere due squadre che rispecchino concezioni, concetti e principi di gioco e permettano di non far fare un tour de force a uno, perché non è solo una settimana di fila, poi anche l'altra settimana hai 3 sfide in 7 giorni e credo che in questa maniera, perdendo qualcosina della performance migliore hai la garanzia di avere un gruppo omogeneo che puoi mettere in campo con idee e caratteristiche abbastanza simili senza correre il rischio di rimanere in piedi. Un infortunio di media entità ti fa perdere il giocatore per 3-4 partite. Può esserci alternanza, due partite e due partite, stanno lavorando con lo staff però questa idea con due squadre che abbiano la propria identità è un'idea per far fronte a questo tour de force".
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Parliamo di futuro. E’ stata eliminata la recompra del Chelsea per Boga. Secondo te resterà in neroverde? E questo può essere un primo passo verso la conferma di mister De Zerbi?
"De Zerbi ha voglia di partecipare attivamente a tutta la vita della società e questa società ha uomini giusti nei posti giusti e un progetto importante, mister De Zerbi ha voglia di partecipare a tutto questo. Trattenere Boga può essere anche uno stimolo. Questo è un giocatore importante che intuivi avesse delle qualità importanti ma dopo bisogna dar corsa a questo e raccogliere i frutti. Allo stesso tempo non bisogna dimenticare che questa società ha bisogno di costruire giocatori importanti per salvaguardare il bilancio. Io credo possa restare. Boga è uno dei migliori dribblatori in Europa, il primo in Italia, e non è fine a se stesso. Il dribbling porta gol e assist. Un pezzo buono lo dovrai cedere per poter poi andare a prendere altri ragazzi, ma io credo possa restare e mi sembra che adesso si vada in quella direzione".
Hai la fortuna di aver visitato, e di visitare ancora, tante piazze. Senza voler togliere nulla alle altre, cos’ha di diverso Sassuolo (se ha qualcosa di diverso)?
"Sassuolo ha qualcosa di diverso. Al di là della retorica, ha idee e progettualità significative, l'aspirazione a una managerialità che riconosciamo in diverse figure e non tutte le squadre ce l'hanno. Rispecchia molto la famiglia Squinzi, il Dottore mi diceva: 'Non esistono favole, esistono progetti, uomini, visioni che vanno verificate, tagliato quello che non serve e non porta frutto, poi si va avanti, con grande rispetto delle idee e degli uomini'. Non c'è pressione ed è l'anomalia di questa piazza ma ha patrimonializzato e può vivere di vita propria. E' cresciuta e continua a crescere. Pone le qualità delle persone al centro. Ci sono i progetti, c'è una visione, sanno cosa ci vuole, non stanno fermi e guardano avanti. In questi anni abbiamo visto crescere una squadra con le sue idee di gioco, il settore giovanile, poi lo stadio di proprietà, il centro sportivo: è una società che mette delle tappe, le raggiunge, costruisce un mattone dopo l'altro. Così ho visto l'Atalanta ma l'Atalanta ha un'altra storia, rappresenta un popolo, il Sassuolo ha dovuto barcamenarsi in diverse situazioni. Quando il Sassuolo andò in Europa pensavo a una partita degli anni '70 con l'Osimana quando ci salvammo con un pareggio e arrivammo a pari punti, a quota 31 con il Bellaria. Ricordo ancora il mio maglione blu a coste larghe, numero 12. E ora il Sassuolo è in Europa, non a caso, anzi, forse è arrivato in ritardo per quanto fatto. E' una storia di uomini, progetti, idee, managerialità messe al servizio del calcio che forse è una delle scienze meno esatte del nostro mondo. Ancelotti mi diceva: 'Se c'è una cosa che mi rompe le scatole quando gioco contro il Sassuolo, non sai mai come ti viene a prendere. E' una squadra con delle idee, deve gestire il rapporto costi-benefici nelle azioni e non preparerai mai la gara come vorresti'. E anche questo è importante: delle idee in campo e fuori'".
Chiudiamo col racconto di un aneddoto. Hai avuto modo di seguire tante avventure del Sassuolo: ci racconti un retroscena, una curiosità, delle cose che ti sono rimaste impresse del mondo neroverde?
"Della stagione dell'Europa, penso a Lorenzo Pellegrini in Europa. Tanti infortuni e ogni tanto tra quegli uomini veniva fuori questo ragazzino che parlava come un grande che mi ha sempre dato l'idea di quello che poteva essere il Sassuolo: giovane, con qualità, e che si prendeva delle responsabilità. Di Fra e quel Sassuolo mi hanno fatto pensare a questo. Come aneddoto, oltre a quello di Ancelotti, mi viene in mente quello di Lucerna, facevo il live e pensavo a cosa era stato il Sassuolo in tutti questi anni. Dovunque vada, mi dicono: 'Oh, te e il tuo Sassuolo, giocano bene', prima invece dicevano 'ma dove volete andare?'. Prima prendevano in giro, poi invece la prospettiva è cambiata, ho visto crescere la stima nelle cose fatte dal Sassuolo e come le ha fatte e questa credo possa essere garanzia della buona strada intrapresa. Durante gli Europei Under 21, parlando con la UEFA dell'organizzazione degli Europei, erano molto soddisfatti e mi dissero 'qui abbiamo già visto quando abbiamo fatto la finale di Champions femminile ed è un'altra bella realtà'. Penso anche a cosa dissero quelli dell'Atalanta la prima volta che vennero a giocare a Sassuolo, facendo i complimenti e ringraziando, dissero: 'noi se dobbiamo pensare a come migliorare guardiamo come lavorano questi qua' e credo che questo sia stato importante".
Si ringrazia Marco Nosotti per la disponibilità dimostrata nel corso di questa intervista
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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