Due ore dopo la matematica retrocessione in Serie B, Giovanni Carnevali telefonò a Fabio Grosso e scelse così il nome dell’allenatore che inaugurasse il nuovo ciclo del Sassuolo. Il giorno successivo il dirigente si presentò al Mapei Football Center, andò a salutare i dipendenti sfoggiando il sorriso più rassicurante e disse: “Non è successo niente”. Forse sorpresa per quella serenità che sembrava poco credibile, la gente del club assistette, invece, a una gestualità mirata a diffondere calma e fiducia. Carnevali, pur desolato dalla sconfitta, doveva trasmettere la sensazione di controllo: la sconfitta fa parte dello sport e rialzarsi velocemente è una qualità eccezionale. E il Sassuolo ha trovato modo di farlo, tanto che a distanza di un anno e mezzo da quella delusione si può godere l’ottavo posto attuale.

Chi pensava che sarebbe stato difficile per il Sassuolo tornare a essere il meraviglioso rompiscatole del campionato aveva sottovalutato il club. Come raccontato dalla Gazzetta dello Sport, non esiste alcun segreto, se non l’organizzazione, il lavoro, la rapidità nelle analisi e nelle decisioni. Il “modello Sassuolo” prevede una struttura snella ma efficiente, in cui tutte le componenti convergono verso una stessa direzione. Carnevali lavora a stretto contatto con il direttore sportivo Francesco Palmieri e con il responsabile dell’area scouting, Davide Cangini. L’allenatore viene scelto valutando il punto di incontro tra le sue capacità e le linee guida del progetto: spazio ai giovani, attenzione ai costi, identità tattica, propensione per un gioco piacevole.

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La struttura del Sassuolo prevede un’area di scouting internazionale composta da tre persone e un data analyst, oltre a una decina di osservatori che operano sul territorio nazionale, a supporto sia della prima squadra sia del settore giovanile. L’apertura agli algoritmi è avvenuta solo da qualche anno: strumenti utili, ma sempre superati dall’occhio umano, che resta la prima e l’ultima parola.

In estate è stata inaugurata una rivoluzione che si è discostata dalla strategia tipica delle neopromosse, che per partire forte tendenzialmente aumentano la qualità senza modificare drasticamente il gruppo. Il Sassuolo ha invece operato cambiamenti significativi: ha cambiato portiere, modificato gran parte della difesa e sostanzialmente due terzi del centrocampo titolare. Il tridente offensivo, fin dall’inizio considerato il punto di forza della rincorsa per la salvezza, ha dovuto mostrarne la stoffa: Berardi resta una colonna (attualmente fuori uso, ma Volpato sta crescendo), Pinamonti garantisce rendimento, e Laurienté alterna giocate di grande livello a momenti di pausa.

I venti punti finora conquistati derivano soprattutto dalla solidità difensiva (17 gol subiti: solo nel 2015-16 erano stati concessi meno, 13), da un centrocampo capace di filtrare e costruire, e da un’organizzazione tattica rigida nei principi, pur non nelle applicazioni: Grosso chiede coraggio e lucidità nelle scelte. Muric è il classico portiere “matto” alla stile anni Ottanta, Muharemović, ex rimpianto della Juventus, è diventato oggetto del desiderio delle grandi milanesi e, tra queste, proprio dei bianconeri. Idzes matura, Koné trova finalmente la dimensione della quale esprimeva potenzialità. E poi c’è Matic, il veterano della banda: 37 anni di esperienza, classe, intelligenza tattica. Dopo una lunga carriera in Premier League e in club di alto livello, si è calato perfettamente nella realtà neroverde, comprendendo cosa fare in campo e soprattutto fuori. Il modello Sassuolo ha conquistato anche lui.

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Sezione: News / Data: Mar 09 dicembre 2025 alle 16:00
Autore: Sarah G. Comotto
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