Il giocatore del Bologna Federico Bernardeschi si è raccontato a cuore aperto nel corso di una lunga intervista ai microfoni del BSMT, noto podcast sul web condotto da Gianluca Gazzoli, rilasciando delle dichiarazioni che stanno facendo discutere. Tra gli argomenti sui quali si è espresso Bernardeschi, anche le critiche relative al suo gusto estetico personale e alla cura dell'immagine che lo contraddistingue parlando delle critiche ricevute per aver indossato una volta una gonna.

Ecco le sue parole: "Le vivo bene, fondamentalmente mi diverto, sempre per tornare al prendersi in giro - riporta TMW - Quando capisci che il personaggio è diverso dalla persona, è cruciale. Sono anche convinto che noi personaggi pubblici abbiamo la grande responsabilità di dover trasmettere valori e principi sani a chi ci guarda. Ci dovremmo esporre anche un po' di più, soprattutto sulle ingiustizie del mondo. Dobbiamo ancora imparare. Una volta, dodici anni fa, mi sono messo una gonna, il pantagonna. Capirai cosa è successo dopo, ma che problema c'è? Se mi piace, me lo metto. E quante volte mi hanno detto che sono gay. E se lo fossi, secondo voi non ve lo dico? E dove cazzo è il problema? Anzi, ne andrei fiero. E chi lo ha dichiarato, chapeau: in questo mondo ognuno è libero di fare quello che vuole. Al tempo sono cose che mi hanno fatto malissimo, io avevo vent'anni. Ora lo racconto ridendo e scherzando, ma lì no".

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L'esterno del Bologna ha anche svelato di essere stato seguito per anni a livello psicologico: "Io già avevo iniziato un percorso, non quell'anno ma tre anni prima. E tuttora lo faccio. Se sei consapevole di dove arriva il problema, puoi intervenire. Il fallimento fa parte della vita, devi provare a comprenderlo e a scavare, mettendoti in prima linea senza dare la colpa a questo o a quell'altro".

Cosa gli mancava di più dell'Italia? "La bellezza che ha l'Italia. Vedi grandissime realtà, città che ti fanno rimanere affascinato. La storia che abbiamo è sottovalutata da noi stessi, dagli italiani. Poi vai in giro per il mondo e ti accorgi che dovrebbe essere curato di più. E per me Roma è la città più bella del mondo".

La Fiorentina è stata la squadra delle prime volte. Poi però è andato alla Juventus: "Il trasferimento è stato pesante. Non solo andavo alla Juventus, ma il numero 10 andava alla Juventus. E lo capisco, si guarda sempre una parte ed è facile magari insultare. Ci sta, fa parte del gioco. Ero un ragazzo di 23 anni, sono opportunità che uno può scegliere di cogliere o no, io decisi di sì. La Fiorentina mi ha dato tanto e questo non lo dimenticherò mai, è imprescindibile, al di là della scelta. La Juventus non era neanche l'unica squadra interessata. Lo fai consapevolmente, comunque, sai cosa può scatenare una scelta del genere. Fossi andato in un'altra società, sarebbe successo il 30-40% del rumore. Io avrei voluto anche ringraziare, alla fine la Fiorentina mi ha portato fino a lì e a Firenze ho tanti amici, sarò sempre grato alla città e alla società. Dieci anni dopo posso dirlo, in quel momento no. Anche l'avessi fatto, non sarebbe valso nulla per i tifosi viola. Mi hanno fatto uno striscione fuori dal Franchi, scrivendo cose pesanti. Comprensibilmente. Lo accetti, ti fai le ossa e vai avanti. Anche questo è nel percorso di crescita. E tra l'altro fui il primo a lanciare la moda del certificato medico. Non mi presentai in ritiro, la trattativa non si sbloccava, la Fiorentina faceva storie anche se era bene o male fatta. Ma vuoi sempre dimostrare che è il giocatore a fare un determinato tipo di scelta, quando non è solo così. Volevano che andassi in ritiro per tre giorni, ma io sapevo che mi avrebbero ucciso se ci fossi andato. E lì scatta il certificato medico, prima che alla fine si sbloccasse tutto. Ma era una decisione di entrambi: se uno dei due non è d'accordo, non si fa".

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Sezione: Non solo Sasol / Data: Mar 30 settembre 2025 alle 11:14
Autore: Sarah G. Comotto
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