Dopo l’exploit di Sassuolo e la drammatica esperienza in Ucraina, Roberto De Zerbi con il Brighton è volato al settimo posto in Premier League, sopra il Liverpool e i Blues, 8 punti sotto il cielo della zona Champions. L'allenatore italiano ha parlato proprio della superba vittoria contro i Reds: "La mia consacrazione internazionale? No. Se pensi alle consacrazioni, nel calcio sbagli tutto. Contro i Reds abbiamo vinto meritatamente, giocando benissimo. Ma ci deve restare solo la voglia di migliorare. Altrimenti siamo già̀ morti".

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Però è una medaglia alla carriera.
"Mi fa piacere perché i giocatori mi seguono. Ma io non guardo mai indietro. Forse sbaglio: non mi godo mai niente".

Come già in passato, valorizzerà questi giovani ancor più?
"Sicuramente. Non siamo neanche al 60-70% del nostro margine di crescita, collettivo e individuale. E dire che lavoriamo solo da tre mesi, con la Coppa del mondo di mezzo. Cercheremo di raggiungere il massimo".

E qual è il massimo?
"La perfezione. Che non esiste, ma dobbiamo cercarla. Parlare di obiettivo di classifica è sbagliato: bisogna correre per vincerle tutte".

Cosa l’ha stupita della Premier League?
"Mi piace da morire: poco stress, tanto divertimento, coraggio, entusiasmo. È la mia filosofia. Voglio vincere, ma racchiudere tutto nel risultato non ha senso. Non è il valore che do al calcio".

Ha avuto problemi con l’alimentazione dei giocatori?
"No. Ciò che fanno fuori dal campo non interessa. Non faccio lo sceriffo. Sono tutti professionisti".

Però il centrocampista belga Trossard, colonna del Brighton, ha litigato con lei e vuole essere ceduto. Per il suo agente, lei “lo ha umiliato”.
"Se uno non spinge al massimo negli allenamenti e in partita... Il calcio è una cosa seria: dà tutto, ma bisogna dargli tutto. Forse l’agente di Trossard vuole portare il giocatore in un’altra squadra per meno soldi. Ma tutti nello spogliatoio sanno qual è la realtà. Io non devo chiedere scusa. Tuttavia, se Trossard torna e si impegna al 100%, io sono disposto a farlo giocare: dipende da lui".

Il Brighton è stata una scelta facile?
"La squadra mi piaceva, e avevo bisogno di un luogo dove poter lavorare bene: il Brighton lo è".

E la città? Le piace?
"Tempo libero non ne ho molto, lavoriamo tutto il giorno. Poi ci sono le lezioni di inglese. Al massimo faccio una passeggiata in centro, e il martedì vado a trovare mia figlia che studia a Londra. Certo, all’inizio è stata tosta. L’Inghilterra è molto distante da noi: cultura, abitudini, modo di vivere la vita e il calcio. Poi la lingua, una squadra presa in corsa... Ma ora qui sto benissimo".

Cosa si porta dell’esperienza in Ucraina, che ha dovuto abbandonare l’anno scorso e ora martoriata dalla guerra di Putin?
"Tutto. Mi porto un popolo molto dignitoso, rispettoso, brava gente. Mi porto dentro i brasiliani e gli ucraini che allenavo. Era una squadra incredibile. Sono certo che avremmo fatto paura in Europa: tutti giovani, tutti bravissimi. Dopo il Liverpool, mi hanno scritto i miei ex giocatori ucraini".

Sono ancora lì?
"Tutti. Si allenano a Leopoli. Il centro sportivo dello Shakhtar è stato bombardato. Il mio ufficio è stato bombardato. È tragico. Ma mi aspettavo la resistenza del popolo ucraino. Non cederanno di un centimetro. Preferiscono morire piuttosto che essere soggiogati".

Cosa le ha già insegnato invece la Premier?
"Un allenatore deve sempre evolversi. In Ucraina, contro lo Shakhtar, tutti si arroccavano negli ultimi 30 metri. In Premier, invece, il calcio è molto fisico, verticale. Ma la cosa cruciale è adattarti ai tuoi giocatori, sebbene io non cambierò mai la mia filosofia di gioco, che mi ha fatto arrivare dalla Serie D alla Premier League".

Il suo credo offensivo sta pagando: settimo posto, 17 gol nelle ultime 5 partite. Lo stesso in Italia: il Napoli è in testa con un calcio propositivo come il suo.
"Tutti gli amanti del calcio do- vrebbero essere felici se il Napoli vincesse lo scudetto. Lo sarei an- che io. Come per il Milan l’anno scorso".

Ma la Serie A le manca?
"Mi piace molto la Premier, sto una meraviglia. Però, sì, mi manca il campionato italiano".

Un giorno ci tornerà?
"Non lo so. Di certo, non ora. In futuro, mi piacerebbe anche allenare in Bundesliga, nella Liga: solo all’estero hai esperienze che ti completano, perciò ho sempre ammirato Claudio Ranieri. Ma qui a Brighton mi diverto, vado al campo felice".

Il suo maestro chi è stato?
"Sono un autodidatta, ho avuto sempre le idee mie. Ma da giocatore ho imparato molto da Pasquale Marino. L’altra ispirazione è stato il Barcellona di Guardiola: la squadra più bella di sempre, con l’allenatore più forte di sempre".

Perché?
"Perché Guardiola è il più bravo di tutti, ha sviluppato il calcio. Ma io mica lo copio, anche se ci parliamo spesso, visto che giocò a Brescia".

Il giocatore che avrebbe voluto allenare?
"Messi".

A proposito, anche lei è stato un fantasista, mentre spesso i migliori allenatori sono ex centrocampisti o difensori. Questa “eccezionalità” ha influito sulla sua carriera?
"Molto. Per questo schiero tanti trequartisti assieme. Cerco di immedesimarmi in loro, di mettermi nei panni loro, di giocare con loro".

Sezione: Non solo Sasol / Data: Mar 17 gennaio 2023 alle 16:51
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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