Mister Filippo Baiocchi, da oggi, non è più l'allenatore del Sassuolo Under 16. Un solo anno in neroverde per l'allenatore che ha guidato la formazione degli U16 fino alle finali Scudetto. Un bilancio sicuramente positivo per il tecnico che però non vedrà rinnovato il proprio contratto. Le strade di mister Baiocchi e del Sasol da oggi si separano e il tecnico, intervistato in esclusiva da SassuoloNews.net, riavvolge il nastro dei ricordi parlando della sua avventura sulla panchina neroverde.
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Partiamo dalla fine. A detta del Direttore Palmieri, l’Under 16 è stata la formazione del settore giovanile del Sassuolo che si è comportata meglio nel corso dell’ultima stagione. Non male come complimento.
"I complimenti del Direttore fanno sempre piacere perché è uomo di calcio e ne sa di settori giovanili però ridurre solo all'Under 16...secondo me è stata un'annata positiva che è stato il frutto del settore giovanile e non lo dico da falso modesto, lo penso realmente. Questi ragazzi hanno seguito un percorso di crescita sin da piccoli, in un ambiente importante che è ideale per la crescita di un giovane. Noi abbiamo raccolto i frutti delle stagioni passate".
Le chiedo tre fotografie positive della sua avventura a Sassuolo e tre negative, se ci sono.
"È stata una stagione particolare, ho vissuto soprattutto dei momenti positivi. È stata una stagione lineare, non solo dal punto di vista dei risultati che fan sempre piacere, ma anche dal punto di vista delle emozioni. Mi sono trovato molto bene, a partire dal rapporto con il Direttore Palmieri, una persona schietta, leale e sincera, dice quello che pensa sempre filtri e avere davanti una persona credibile e sincera è importante per un allenatore. Io ho sempre percepito stima, ricambiata, e un clima d'entusiasmo nei confronti dello staff e di tutti gli allenatori del Sassuolo. Queste son già due fotografie. Ma poi ho trovato dei ragazzi educati, disciplinati, non ho mai avuto problemi particolari. E chiudiamo poi con la soddisfazione, merito della società e dei ragazzi, di aver fatto una stagione anche a livello di risultati, che non è l'obiettivo primario che resta la crescita individuale, ma hanno sfiorato il sogno semifinale Scudetto. Dal punto di vista delle negatività, son sincero, niente che vada oltre l'ordinaria amministrazione".
Cosa le hanno lasciato questi ragazzi?
"Ogni anno i ragazzi lasciano tanto perché, al di là di essere allenatori e giocatori, siamo persone. Io sono una persona e ho gestito 26 persone. Mi hanno migliorato come allenatore. Ogni gruppo, ogni anno, ha caratteristiche differenti, dal punto di vista caratteriale e generale. Io penso che ne vengo fuori migliore, soprattutto da allenatore".
So che non è bello fare dei nomi ma se dovesse scegliere 3 ragazzi su cui scommettere quali sceglierebbe?
"Hai risposto con la tua domanda. È ovvio che ci sono dei ragazzi di prospettiva, c'è chi ha reso di più in una stagione, ma siamo in una fase dove è prematuro fare certi discorsi perché anche nell'arco di un mese all'altro ci possono essere cambiamenti psico-fisici importantissimi. Io credo che questi ragazzi hanno raggiunto un obiettivo grazie al gruppo. Abbiamo avuto dei ragazzi che purtroppo hanno avuto degli stop per motivi fisici. Questi ragazzi hanno raggiunto dei risultati importanti perché sono stati gruppo. Tutti a questa età hanno il diritto di sognare e noi dobbiamo essere bravi ad accompagnarli. Faccio fatica a fare dei nomi, io credo che siamo stati una squadra unita e questo è stato l'aspetto vincente di questo gruppo".
Che rapporto ha avuto con il Direttore Palmieri, come ti ha convinto?
"Non ci ho pensato due volte ad accettare l'offerta, per me venire a Sassuolo è stato un grande onore. Il Sassuolo non è importante solo a livello di prima squadra, sta facendo molto bene anche a livello di settore giovanile e un allenatore che approda in un settore giovanile del genere non può far altro che esserne fiero e orgoglioso. Con Palmieri mi sono trovato bene perché è una persona vera ed è importante per un allenatore perché quando c'è chiarezza davanti a te hai l'opportunità di muoverti bene con le giuste direttive. Io ho avuto un bel rapporto con il Direttore, ho tanta gratitudine nei suoi confronti perché mi ha dato una bella opportunità e penso ci sia stima reciproca".
La sua avventura in neroverde è andata benissimo ma è durata solo un anno: perché?
"Perché il Sassuolo è una società all'avanguardia, son dinamiche che fanno parte del calcio, a volte bisogna essere poco egoisti e penso che il cambio di allenatore faccia parte di un progetto lungimirante visto in favore della crescita dei ragazzi. C'è anche la crescita degli allenatori. Un cambio allenatore può essere anche un modo per dare altre opportunità di crescita ai ragazzi, anche perché, per quanto mi riguarda, sono molto sereno perché ho dato il massimo e ho sempre percepito un clima di grande stima reciproca nell'ambiente. Io penso sia una strategia volta a migliorare".
Quindi l'addio è stata una scelta della società...
"Sì, è stata una scelta della società presa con grande serenità, anche se sapevo che le dinamiche sarebbero potute essere queste durante la stagione. Io sono grato e onorato per l'opportunità che ho avuto e per le soddisfazioni avute nel corso della stagione, grazie al Sassuolo e a Palmieri".
Parlando del Sassuolo si dice sempre che sia come una famiglia. Ha avuto anche lei questa sensazione? E aggiungo: cos’ha di diverso questo club rispetto agli altri?
"Io ho vissuto un'esperienza straordinaria al Chievo dove si respirava un'aria di famiglia e a Sassuolo ci sono delle similitudini. Ho avuto la sensazione di una società solida, anche perché alle spalle c'è una realtà come Mapei, e poi la società è gestita da persone competenti. Ho trovato un clima di famiglia nello staff, tra i colleghi, ho trovato persone squisite, non solo brave dal punto di vista tecnico e tattico ma ho trovato persone splendide e questo permette di lavorare bene e di incidere positivamente sulla crescita dei ragazzi".
In Italia si discute spesso sui talenti, sui problemi dei giovani. Secondo lei non ci sono più talenti o manca il coraggio di lanciarli in prima squadra? E cosa si può fare per migliorare tutto questo, che è diventato anche un problema culturale?
"È una domanda da un milione di dollari. Si potrebbe aprire una tematica che dura una giornata. Io penso che sia una questione culturale e d'organizzazione. Io credo che all'estero abbia contribuito positivamente l'introduzione delle seconde squadre, ma poi anche una questione culturale. Noi siamo un popolo abbastanza conservativo su certe cose, a volte ci manca il coraggio nel lancio dei giovani. È ovvio che i giovani debbano essere lanciati in un sistema pronto ad accoglierli, altrimenti si rischia di bruciarli. Non deve essere il giovane che ogni tanto viene messo dentro, deve essere una cultura che deve cambiare in maniera radicale. Poi ci possono essere mille tematiche, questo, in maniera semplicistica, credo che la mancanza di cultura e di strutture sia il grosso problema. L'introduzione dell'Under 18 è già una buona soluzione ma credo che siano molto importanti le seconde squadre".
Un grande dirigente come Marotta ha detto: “È vero che gli allenatori allenano più se stessi che i giovani. A livello giovanile è vergognoso”. Cosa ne pensa?
"Nessuno ha la verità in tasca ma un fondo di verità c'è sempre. Io non amo gli estremismi. Conosco un sacco di allenatori che si dedicano con passione alla crescita dei ragazzi, a un calcio formativo per loro, quello che ho notato anche al Sassuolo e al Chievo. Io ho avuto esperienze personali straordinarie, sono stato con dei Direttori fantastici da questo punto di vista, che hanno puntato sempre sulla crescita dei ragazzi, senza mettere pressioni. Bisogna fare una buona scelta anche a livello dirigenziale, scegliere allenatori che hanno come obiettivo di allenare nel settore giovanile e quelli che hanno ambizioni personali, e non c'è niente di male, dovrebbero essere messi in altri contesti, a livello di prime squadre. Io penso che gli allenatori non abbiano colpe, questi hanno ambizioni e queste cambiano, sono le società che devono scegliere l'allenatore e metterlo nel posto giusto".
Mister, dica la verità: nel settore giovanile i risultati contano oppure no?
"Ma certo che contano, non vanno demonizzati, fanno parte del gioco. Il problema sono gli obiettivi. Se uno come obiettivo ha la crescita individuale del ragazzo applicando un calcio formativo, dopo i risultati arrivano, è questo quello che conta. Se si mette il risultato come obiettivo primario invece si sbaglia nel settore giovanile perché invece di focalizzarsi sull'errore del giovane per crescerlo, si cerca di facilitarlo attraverso delle soluzioni tattiche e vanno a ottenere un risultato facile. Il risultato è fondamentale perché fa parte del gioco ma non deve diventare la priorità. Dipende sempre dal contesto in cui si è: se sono in un settore giovanile, l'obiettivo è la crescita del ragazzo e spesso può andare anche contro la logica tattica e del risultato, se siamo in una prima squadra l'obiettivo è il risultato e devo lavorare solo per quello".
Ha avuto modo di rapportarsi con mister Dionisi? Cosa pensa di lui? Come giudica la sua prima annata sulla panchina della prima squadra?
"Purtroppo non ho avuto tempo di potermi relazionare con la prima squadra, i tempi erano limitati. Non mi sento di spendere tante parole perché non conosco bene le dinamiche. Sicuramente mister Dionisi non lo scopro io, è un grandissimo allenatore da prendere come esempio. Io credo che abbia fatto una bellissima annata, che abbia ottenuto risultati strepitosi, ha regalato grandi emozioni all'ambiente e a tutti i tifosi del Sassuolo. Io credo che Dionisi sia un allenatore top da prendere come esempio".
Programmi per l’anno prossimo?
"Allenare (ride, ndr). Sempre, con passione, con grande impegno, dedizione. Per me allenare è vita, il calcio è vita, non è un semplice sport, sempre all'insegna dei valori e del rispetto, cose che mi hanno sempre contraddistinto. Sinora ho avuto la fortuna di lavorare per delle società di grande spessore, il mio programma è quello di procedere un gradino alla volta nel segno della meritocrazia in questa scala, mia, dei sogni. Contatti? È sempre presto. Io fino al 30 giugno ero un allenatore del Sassuolo e non mi sono mosso più di tanto. Qualcuno si è fatto sentire ma fino a quando non c'è nero su bianco tendo sempre a essere equilibrato. Mi ha dato soddisfazione l'interessamento di qualcuno ma non posso dire nulla di preciso".
Si ringrazia mister Filippo Baiocchi per la cortesia dimostrata nel corso di questa intervista
Autore: Antonio Parrotto / Twitter: @AntonioParr8
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