Roberto De Zerbi, ex allenatore del Sassuolo oramai allenatore dello Shakhtar Donetsk, è intervenuto ai microfoni di Sky Sport per parlare dei giocatori neroverdi, della sua esperienza che sta per iniziare e anche per la Nazionale che oggi esordirà all'Europeo.
Raspadori?
"Avrò sei giocatori in campo, tre per parte. Sono emozionato per loro. È stato un percorso condiviso. Io e tutto il mio staff ci sentiamo partecipi di questo loro percorso. Raspadori è stato importante in prima squadra al Sassuolo, doveva solo acquisire consapevolezza. E quando gli è stato dato più spazio se l’è conquistato con forza. È un giocatore fortissimo".
Berardi e Locatelli?
"Aveva iniziato la carriera coi fuochi d’artificio, poi un calo fisiologico prima che arrivassi io ma più come realizzatore che come espressione di gioco. È un ragazzo un po’ introverso, diffidente, ma ha il cuore grande. Come Berardi anche Locatelli aveva solo bisogno di resettare la prima esperienza, al Milan. La natura e i genitori gli hanno dato talmente talento che bastava non fare danni con lui".
Turchia?
"La Turchia è una squadra che ha orgoglio e un senso di appartenenza grandissimo. Demiral, Muldur e Ayhan spero che facciano bene partendo dalla partita successiva".
La filosofia di gioco?
"Coraggio, divertimento e qualità perché le qualità dei giocatori sono determinanti. Mi piace anche dare un senso a quello che si fa. Fare calcio è bello, è una fortuna, se riesci a dare anche qualcosa in più, un aspetto che riguarda l'aspetto lavorativo, è tanto".
Mancini?
"Da giocatore ero innamorato di Roberto Mancini e di Francesco Totti. Mancini l'ho sempre stimato, da calciatore e oggi come allenatore. Si vede che l'Italia ha un qualcosa in più rispetto al passato. Le partite della nazionale si vedono con gusto, con piacere. Da buon numero 10 ha anteposto la qualità dei giocatori a tutto, dando un'idea ben definita, dando mentalità, coraggio. E oggi siamo ancora più tifosi dell'Italia".
Perché non siamo andati ai Mondiali 5 anni fa?
"Non essendoci in prima persona non lo so ma quello che diversifica l'Italia di Mancini con le altre sono il coraggio nelle scelte, con il c.t. che ha portato tanti giovani, poi la qualità al centro di tutto. Cerca di far convivere quanti più giocatori qualitativi possibili".
Shakhtar scelta di pancia?
"Non ero partito per andare via dal Sassuolo perché è stata una squadra costruita nel tempo alla quale mi sento ancora adesso legatissimo, la sento una mia creatura. Sono geloso del futuro, gli auguro il meglio, perché me la sento mia a tutti gli effetti. Dopo 3 anni, quando ci siamo parlati con la società, avevamo qualcosa che non coincideva e non vedendo grandi possibilità di miglioramenti e ho iniziato a guardarmi attorno. C'era lo Shakhtar, un top club a livello europeo secondo me, abbiamo la stessa visione di calcio, e può servire tanto a me per completarmi: per imparare a conoscere le competizioni europee, ad avere rapporti con i giocatori stranieri, parlare in maniera costante un'altra lingua, credo che questa esperienza possa solo farmi migliorare. Mi sento capace ma non contento. Mi ritengo giovane, se non avessi fatto ora questa scelta questo passo forse sarebbe stato un rimpianto".
Perché ha detto che con lei non si poteva fare di più a Sassuolo?
"Dopo 3 anni di mia gestione non è facile riiniziare allo stesso modo. Essendo esigente, tanto presente con i miei giocatori, pensavo ci potesse essere un rigetto fisiologico, naturale. Al di più non c'è mai fine ma bisogna che le idee siano le stesse. Abbiamo fatto 62 punti, veniamo da due ottavi posti. Fare di più, fare meglio, sarebbe stato difficile, almeno con me in panchina, non è detto che facendo cose diverse non si possa fare di più, con me la facevo più difficile. Bisogna andare via al massimo".
Maniaco dei dettagli?
"Bisogna chiederlo ai giocatori e ai dirigenti. Il dettaglio è il bello, ricercare il dettaglio è la cosa più bella credo. Tutti i dettagli, il 100%, non li potrai mai raggiungere, hai sempre un senso di avanti. Il globale lo si può raggiungere con praticità, il dettaglio non ce l'avrai mai al 100% e quando ne raggiungi uno è il massimo. Per ogni dettaglio c'è un punto di partenza che può partire la notte, durante un'altra partita, a seconda dei giocatori, degli avversari".
Con chi è stato più martellante?
"Locatelli nel primo periodo è stato martellato tanto, poi da un certo momento in poi non aveva più bisogno che gli dicessi niente, poteva fare l'allenatore dei suoi compagni. Muldur è un altro. Il martello è dentro al campo perché fuori dal campo li lascio stare, rimane solo all'interno del rettangolo di gioco. Da giocatore avrei potuto fare una carriera molto diversa e quindi mi piace essere d'aiuto ai miei giocatori, per non farli accontentare, per migliorarli".
Futuro?
"Parto domani e lunedì devo iniziare la stagione. Non abbiamo concluso il mercato in entrata e mi rende nervoso perché è una stagione importante per tutti. Il futuro, quello che ho in testa, è cercare di dare un'identità quanto prima possibile alla squadra. Riuscire a trovare la stessa sintonia o simile che avevo con i giocatori a Sassuolo perché i miei interlocutori sono i calciatori. Il pensiero è rivolto al lavoro sul campo per fare una grande stagione, perché non è andare allo Shakhtar o andare all'estero un punto dove inizio a rilassarmi".
Futuro c.t. della Nazionale?
"Spero che Mancini rimanga a lungo, i motivi li ho spiegati prima. Non so neanche dopo lo Shakhtar cosa farò e dove andrò, se continuerò. Io amo questo lavoro ma mi mangia, mi logora. Non faccio previsioni a lunga scadenza. Il futuro è lunedì".
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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