Alessio Dionisi, allenatore del Sassuolo Calcio, ha parlato alla Gazzetta dello Sport: "A Fiorenzuola il campo era vicino a una bocciofila. Andavo lì a prendere il caffè, conobbi qualche vecchietto e un giorno uno di loro mi disse una cosa che mi risolse un dubbio". Il tecnico ha raccontato il suo calcio, la sua visione, e tanto altro ancora.

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L’allenatore bravo è quello che fa meno danni?
"Un po’ lo penso. A volte abbiamo la presunzione di incidere e determinare il risultato, ma il primo compito è far esprimere al massimo i calciatori. Perché i protagonisti sono loro. Io non credo di fare nulla di speciale, ecco perché non sono geloso dei miei allenamenti".

Il calcio è un gioco semplice?
"Sta diventando complicato perché ha tante sfaccettature. È difficile renderlo un gioco semplice. Ma è bellissimo".

Su cosa ha fatto la tesi a Coverciano?
"Sui cambiamenti del calcio dagli anni Ottanta a oggi: sul campo, nel regolamento, nella gestione delle società".

A proposito di cambiamenti, perché i difensori non marcano più come una volta?
"Una parte di responsabilità è di noi allenatori che insegniamo una mentalità più propositiva e così a volte si perde attenzione su certe situazioni difensive. Anche nei settori giovanili si allena meno a marcare".

Le vittorie allo Stadium e a San Siro e il pareggio con il Napoli cosa vi hanno lasciato?
"Maggiore consapevolezza, che però dobbiamo mostrare anche contro le squadre meno forti. Il Sassuolo ha buone letture di gioco e una discreta attenzione alla fase difensiva solo nelle partite in cui ci aspettiamo le difficoltà. Dobbiamo crescere".

Cosa significa giocare bene?
"Rendere riconoscibile la propria identità di squadra. Io comunque credo nel giocare, non nello speculare".

Qual è la qualità più importante di un allenatore?
"La credibilità. Alla lunga conta più del risultato. Il giocatore deve risolvere i problemi, ma l’allenatore deve assumersi le responsabilità".

Al Sassuolo alterna 4-3-3 e 4-2-3-1. In base a cosa decide?
"Siamo partiti con il 4-2-3-1 per dare continuità. Siamo passati al 4-3-3 per qualche problema nelle transizioni. Direi che giochiamo meglio a due e difendiamo meglio a tre".

Siete secondi per possesso palla dietro al Napoli.
"Merito della qualità dei giocatori. Ed è mia precisa richiesta".

Gioca senza un mediano classico, quindi la riconquista avviene attraverso pressione alta e copertura delle linee di passaggio. È una scelta e allo stesso tempo una necessità?
"Di duelli in mezzo possiamo farne pochi per questione di struttura, così cerchiamo di stare alti e chiudere le linee. Dobbiamo imparare a gestire i momenti e i cali di intensità".

In Serie A conta più la tattica o la strategia?
"La mentalità, in cui confluiscono entrambe. E l’equilibrio: dote rara ma determinante".

Il Sassuolo visto da fuori piace a tutti. Visto da dentro, cosa ha apprezzato?
"Il rispetto dei ruoli, che non è scontato. E il rispetto delle persone. Per me è troppo importante chi lavora dietro le quinte, tipo i magazzinieri".

Raspadori da esterno perde qualcosa?
"È un po’ sacrificato, mentre nel 4-2-3-1 è valorizzato. Ma ha doti fisiche, tecniche e cognitive per ricoprire entrambi i ruoli. Lui e Scamacca hanno grandi qualità, ma sono giovani e vanno aspettati anche se si parla di loro per la Nazionale. Non hanno esperienza internazionale e ogni partita per loro è doppiamente importante".

Come ha convinto Frattesi che nel centrocampo a due può far meglio che in quello a tre?
"È ambizioso, ma non era così aperto mentalmente alle proposte. Era chiuso sui suoi pregi. Può crescere ancora perché finora non ha cercato di migliorare le qualità meno spiccate. E voglio di più anche da Lopez: senza palla non sempre si trova dove dovrebbe essere. E deve capire quando toccare tanto la palla, come gli piace, e quando andare in fretta verso la porta".

I terzini spesso entrano, lei di solito li vuole alti con gli esterni offensivi che tagliano.
"Sì, perché ho giocatori offensivi che dentro al campo possono essere determinanti. Berardi per il Sassuolo è “il” giocatore. In campo fa tutto: sta largo, tra le linee, a centrocampo. Si sa qual è il suo punto di partenza, poi quello di arrivo lo decide lui".

Si porta il lavoro a casa?
"Alla famiglia e agli amici dedico tutto me stesso quando non lavoro. Certo, passo molte ore al Mapei Football Center. E a casa, quando mia moglie si addormenta, accendo il computer: riguardo gli allenamenti, le nostre partite e studio gli avversari".

Sezione: News / Data: Gio 09 dicembre 2021 alle 15:18
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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