Antonio Percassi, presidente dell'Atalanta, guida il club atalantino da 10 anni. La Dea, prossima avversaria del Sassuolo in campionato, si sta preparando alla ripartenza in nome di Bergamo, una delle città più colpite dal Coronavirus. Ecco le dichiarazioni del presidente atalantino ai microfoni del Corriere di Bergamo.

Che cosa resterà a Bergamo di questo dramma?
"Niente sarà più come prima, ci stiamo abituando, giorno dopo giorno, ad una ripresa anche delle attività, seppur non completa e con parecchi vincoli. In Europa il nostro gruppo conta mille negozi, ci siamo adeguati alle regole, ma si nota ancora come, giustamente, le persone sono impaurite. Negli ultimissimi giorni si intravede, però, più gente in circolazione e nel pieno rispetto delle norme".

L’emergenza ha messo in luce le caratteristiche del Dna bergamasco: tenacia, caparbietà e “mola mìa”, lavorare a testa bassa senza polemiche. È la metafora dell’Atalanta.
"Per la famiglia Atalanta è stato scioccante. Rientrati da Valencia, ci siamo imposti lo stop con una tragedia quotidiana che ci è piombata addosso nel momento più bello. Ma tutti si sono comportati bene".

Non c’è timore che il ritmo, spezzato, sia penalizzante? 
"Il rischio più forte, ma che cercheremo di ridurre al minimo, è quello della deconcentrazione. Un conto è avere il pubblico che spinge, un altro è giocare nel silenzio, senza la nostra tifoseria che è sempre stata straordinaria. Ma sarà così per tutti. Sul piano del gioco questo potrebbe tradursi, ne ho parlato con il mister, in più errori sui passaggi, ma stiamo lavorando anche sotto questo aspetto". 

A proposito di lavoro, la Repubblica Italiana è fondata sul lavoro, e l’Atalanta?
"Pure, si lavora 7 giorni su sette, sempre. È un impegno pazzesco, che non dà tregua".

Intanto si riparte, con una partita ogni tre giorni.
"È tutto non facile. Con tutto il rispetto per quanto accaduto, prima o poi bisognava ripartire. Il contesto andrà via via normalizzandosi, ma la ripartenza era fondamentale. Innanzitutto per un aspetto emotivo, per un bisogno di normalità avvertito da tutti, nella speranza che il pubblico possa ritornare presto, perché calcio-tifosi è un binomio inscindibile".

Ma senza pubblico che calcio è?
"Anomalo, ma rispetto al non giocare preferiamo giocare così, al di là dell’aspetto economico. Giocare ogni tre giorni non ci fa paura, lo abbiamo sempre fatto. La Lega ha fatto un grande lavoro".

Ma se saltasse fuori un caso positivo, che succede? Crollerebbe tutto?
"È tutto da vedere, la situazione è in evoluzione in tutti gli ambiti, non solo sportivo, e il calcio è un settore che deve riaprire come altri. C’è voglia di rivedere in campo l’Atalanta e credo che gradualmente potrà tornare anche il pubblico. È tutto lo sport che deve ripartire, perché equiparabile alle aziende che già sono ripartire. C’è da considerare tutto l’indotto che lo accompagna. Il calcio italiano ha dimostrato in questa situazione una grande serietà rispettando le regole che ci hanno imposto".

Certo che sarà strano giocare di luglio e quasi di notte.
"Il campionato d’estate con il caldo da evitare sarà una novità e seguirà le abitudini della gente. Oltre che le esigenze televisive".

Intanto si parte con la Tribuna Ubi.
"Attendiamo per la prossima settimana il permesso di costruire, con una ristrutturazione che cadrà durante il campionato. Mai lo avremmo pensato".

E come pensa sarà messo il pubblico?
"Non me lo immagino. Il mister ha fatto giocare la partitella ai ragazzi nello stadio vuoto per familiarizzare con l’ambiente. Mi auguro solo che i posti si possano via via riempire".

Sezione: Non solo Sasol / Data: Mer 03 giugno 2020 alle 11:44
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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