Siamo il terzultimo campionato in Europa per percentuale di utilizzo di giocatori cresciuti nel vivaio, dietro di noi soltanto Cipro e Turchia, non esattamente i vivai più floridi d’Europa. È la fotografia dei dati del Football Observatory del Cies: l’organizzazione indipendente svizzera ha analizzato il tempo di impiego in prima squadra di ragazzi che hanno passato almeno tre anni (tra i 15 e i 21 di età) nelle giovanili dello stesso club. Beh, la Serie A arriva a un misero 4,9 per cento. 

Attenzione, non si parla di utilizzo di giovani, ma di gente che è stata nel vivaio. Per fare un esempio semplice, il 32enne Leo Messi contribuisce parecchio ai numeri del Barcellona. Però significa altre cose, non proprio lusinghiere per il nostro campionato: c’è poco senso di appartenenza e, forse soprattutto, il vivaio viene utilizzato come fabbrica di plusvalenze più che come serbatoio per la prima squadra. Non dovrebbe essere difficile, comunque, stabilire qual è la causa e quale l’effetto, ricordando ad esempio la cessione di Cutrone dal Milan al Wolverhampton.

Il Diavolo resta comunque tra i club più virtuosi della Serie A: i vari Donnarumma, Calabria, Gabbia e gli spiccioli di Daniel Maldini - quasi tutti figli di una filosofia giovanile in vigore fino a pochi anni fa che sta ancora dando ottimi frutti - costituiscono il 13,3% del tempo totale giocato dalla squadra, al terzo posto tra i club della massima serie. Davanti ci sono il Genoa con il 19,3% e il Brescia con il 18,3%. Roma e Fiorentina si confermano club di riferimento.

A seguire Napoli e al settimo posto il Sassuolo (6,7%, Berardi spicca su tutti) Spicca però una situazione che non ha eguali negli altri Top campionati d’Europa: ben 6 squadre senza un solo minuto concesso a giocatori cresciuti nel vivaio. Comprensibile la Juventus sempre a caccia di campioni (ma lo erano anche Del Piero e Marchisio), meno squadre che vivono nei bassifondi o non hanno pretese di successo, e quindi potrebbero costruire giocatori. Sorprende anche l’1,8% dell’Atalanta, club storicamente esemplare nell’allevamento dei giovani: l’inizio dell’era-Gasp si è basata proprio sui prodotti del vivaio, il cambio di “status” ha preteso un sacrificio, almeno nell’approdo meno immediato alla prima squadra. A riferirlo è La Gazzetta dello Sport.

Sezione: Non solo Sasol / Data: Mar 24 marzo 2020 alle 18:10
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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