"Una persona eccezionale, all'apparenza mite, in realtà un uomo sereno ma determinatissimo. Un vincente. Per me è come aver perso un padre". Francesco Acerbi non usa giri di parole per descrivere ai microfoni de La Gazzetta dello Sport tutto il suo dolore per la scomparsa di Giorgio Squinzi, suo patron al Sassuolo per cinque lunghi anni. Un legame particolare tra loro, non solo perché Acerbi è stato una delle colonne del Sassuolo dei miracoli, ma anche perché ha dovuto affrontare (e vincere) la stessa battaglia di Squinzi contro il tumore. "Il patron ha lottato come un leone, c'erano dei periodi in cui sembrava potesse farcela e io sinceramente pensavo ce la facesse. Spesso ho cercato di incoraggiarlo ricordandogli la mia vicenda. Che lui peraltro conosceva benissimo. Quando ho appreso la notizia è stato un duro colpo, non me l'aspettavo".

Qual è il primo ricordo?
"I suoi discorsi prima delle partite importanti, il suo sogno di portare il Sassuolo in Champions. Era una persona straordinaria. Non alzava mai la voce, non ne aveva bisogno, perché era dotato di un carisma naturale. Il suo messaggio ti arrivava dentro con poche e semplici parole".

Il miracolo Sassuolo è stato un capolavoro tutto suo, no?
"Assolutamente sì. È stato bravo a circondarsi dei collaboratori giusti, ma senza Squinzi sarebbe stato impossibile anche solo immaginare che una città come Sassuolo potesse arrivare in Serie A. E infatti lui è e resterà sempre un monumento per la cittadina emiliana".

Avrebbe potuto comprare un top club, magari il Milan di cui era tifoso. E invece...
"E invece voleva a tutti i costi portare in alto il nome di Sassuolo. Per lui era impensabile investire in un'altra piazza".

Lei è stato uno dei tasselli del primo Sassuolo, quello appena sbarcato in A, composto quasi esclusivamente da italiani.

"Era lui che voleva che la squadra avesse solo giocatori italiani. Non ci ha mai spiegato il vero motivo. Ma credo fosse legato alla sua attività di imprenditore di fama internazionale. Ha reso grande nel mondo un marchio italiano e anche con il calcio voleva esportare il made in Italy".

Quali sono stati i momenti più belli che avete condiviso?
"La salvezza del primo anno e la qualificazione in Europa League. E poi le vittorie sull' Inter. Per lui erano dei derby...".

Il momento più difficile?
"Quando gli ho detto che volevo andare alla Lazio. All'inizio mi disse che non se ne sarebbe parlato proprio. Gli spiegai che al Sassuolo ero (e sono) legatissimo, ma era giunto il monumento di provare una nuova avventura. Alla fine ha capito e mi ha accontentato. Gli sarò sempre grato".

Un via libera reso possibile anche dalla "mediazione" della signora Squinzi.
"Sì, è vero. È stata la signora Adriana ad aiutarmi a convincerlo. E' una persona altrettanto straordinaria".

Sarà lei a raccogliere l'eredità anche calcistica del marito.
"E i tifosi del Sassuolo possono stare tranquilli. E' la migliore garanzia che il lavoro impostato dal patron non andrà disperso. Di questo ne sono sicurissimo".

Qual è l'insegnamento più importante che le lascia?
"La capacità di essere un vincente senza sbraitare e senza mai avere atteggiamenti sopra le righe. Solo con la serietà ed una grande cultura del lavoro".

Sezione: Non solo Sasol / Data: Ven 04 ottobre 2019 alle 12:09
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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