Paolo Bianco ai microfoni di Francesco Benvenuti

L'ex difensore del Sassuolo Paolo Bianco, dal 2019 nello staff di De Zerbi sia in neroverde e poi anche allo Shakhtar Donetsk, ha parlato a Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio, raccontando l'avventura in Ucraina e anche il passato in neroverde: "L'esperienza allo Shakhtar è stata la più bella della mia vita, ho conosciuto persone splendide e un popolo con valori saldi e principi importanti, con un senso d'appartenenza. Dal 2014 non sono più nel Donbass per le varie vicissitudini, eravamo fissi a Kiev. Ma il ritorno col Monaco di Champions, per esempio, abbiamo scelto di giocarlo a Kharkiv, altra città splendida, dove avevamo lo stadio pieno perché lì c'è tanta gente di Donetsk. Questa è stata la nostra esperienza, con un epilogo che non si aspettava nessuno".

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Qualche ricordo più vivido degli altri?
"Quando senti le bombe pensi a come cercare di andare via, e allora giù con le telefonate e il pensiero rivolto alla famiglia. Non è facile dire a mia moglie che il giorno dopo sarebbero saltate le comunicazioni. Io non ho visto palazzi crollare come adesso, era l'inizio dell'invasione: scontri e bombe li sentivamo, ma ora è un disastro totale. Il problema è che in questa situazione a rimetterci sono i civili, che non c'entrano niente".

Cosa le è rimasto del viaggio di rientro?
"Il senso di sicurezza l'ho avuto per la prima volta una volta superato il confine con l'Ungheria. I due momenti più toccanti sono stati: il primo quando abbiamo lasciato l'hotel scortati, perché c'era il coprifuoco, per poter prendere il treno; il secondo quando siamo partiti da Kiev in direzione Leopoli, è salito un senso di angoscia e malinconia mai provato perché in quel club ci sono persone speciali e abbiamo interrotto un percorso di crescita professionale e umana".

Il legame tra voi e lo Shakhtar si è rafforzato?
"Sì, già era forte. Più di quanto non successo con altri club italiani: in questo momento il mio pensiero è rivolto a tutte quelle persone che lavorano al club, che si stanno nascondendo e scappando. Per molti di loro è la seconda volta in 8 anni, è dura e ci dicono che non ce la fanno più. Ora devono pensare solo a portare a casa la pelle".

Cos'è oggi il calcio per lei?
"I primi dieci giorni non riuscivo a guardare partite in tv, solo telegiornali. Il mio pensiero è sempre là e faccio fatica a staccarmi, anche se dovrò iniziare a pensare al futuro professionale".

Come si sente di fronte alla reazione del mondo calcio a questa situazione?
"Sono cose più grandi di me, credo che chi possa fare qualcosa di forte e cambiare le sorti di questa situazione sia il popolo russo. Sono tanti, con qualche milione di persone in piazza lo stesso Putin dovrebbe fare riflessioni. Penso anche agli sportivi russi, Medvedev per esempio si è schierato. Noi dello staff non avremmo percepito lo stipendio da qua a giugno anche senza intervento della FIFA, così come non andremo altrove fino ad allora. Andrà pensato un supporto economico a quei ragazzi che avranno presto bisogno di guadagnare, al di là del lavorare".

Questa esperienza cambia qualcosa anche nelle valutazioni future?
"Roberto ha sempre saputo che volessi allenare, a ottobre 2019 quando mi ha chiesto di collaborare stavo facendo il master. Sono stati due anni e mezzo spettacolari tra Sassuolo e Shakhtar, ho imparato tantissimo e lo ringrazierò sempre. A tutti e due sarebbe piaciuto proseguire insieme ma ho i miei obiettivi e ambizioni, lo sa, gli avevo già comunicato che al termine di quest'anno mi sarei staccato. Avessi un'occasione, mi piacerebbe anche andare ancora all'estero".

Sezione: Non solo Sasol / Data: Lun 21 marzo 2022 alle 19:49
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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