Giacomo Raspadori, attaccante del Sassuolo, è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport. Il classe 2000 ha iniziato l'intervista parlando della sfida con la Juve, uno dei club che lo avrebbe messo nel mirino in vista del prossimo mercato. Chiederà la maglia di Dybala? "Ce l’ho già, insieme a quelle di Ronaldo e Chiellini. Stavolta tocca a Leo (Bonucci, ndr)". Il giocatore neroverde ha parlato del suo modo d'essere e del suo futuro. Cosa significa avere la testa giusta? "Affrontare le cose con equilibrio. Cerco di fare tutto nel modo appropriato. E poi rimanere se stessi sempre. Così sei pronto ad affrontare qualunque situazione" dice Raspadori.
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Lei è veramente forte o stiamo esagerando?
"Domanda difficile, io non devo dare un valore a me stesso. Di sicuro grazie al Sassuolo sono consapevole dei miei mezzi. Io penso a divertirmi e uso tutta la mia energia in campo. Sono un leader silenzioso, trasmetto la carica ai compagni con il mio atteggiamento, non mollo mai. Per un giovane è facile essere esaltato dopo qualche partita, ma è solo l’inizio di un percorso. Ecco perché serve equilibrio".
L’interesse della Juve la inorgoglisce?
"Assolutamente sì. Non posso negare di essere contento che si faccia il mio nome per un trasferimento alla Juve o ad altri grandi club. La mia ambizione è arrivare a giocare lì, a quel livello. E se ci riuscirò sarà merito del Sassuolo, società che mi ha fatto crescere sotto ogni aspetto".
Giovanni Carnevali, a.d. del Sassuolo, ha detto alla Gazzetta: 'Giacomo è il giocatore ideale per la Juve: per intelligenza umana e calcistica non mi priverei mai di lui'
"Lo ringrazio. Sono parole che fanno tanto piacere e mi rappresentano perché grazie alla mia famiglia ho messo sempre davanti a tutto le qualità umane, il rispetto, i valori. Papà Michele e mamma Roberta mi hanno insegnato che il talento serve, ma da solo non porta a nulla: sono le doti morali a fare la differenza. In famiglia nessuno ha messo pressione a me e mio fratello Enrico che è più grande e gioca in Eccellenza. Devo molto a loro e alla mia fidanzata Elisa".
Lei è considerato il possibile erede di Dybala alla Juve, ovviamente con caratteristiche diverse. Cosa avete in comune?
"È un motivo di orgoglio essere accostato a lui e che si pensi a me come suo erede. Paulo ha una qualità impressionante. In comune abbiamo il gusto e la tendenza a legare il gioco. Dietro al centravanti lui è bravissimo e anche io mi trovo molto bene: alle spalle di Scamacca cerco spazi invitanti e mi diverto. Sono cresciuto come centravanti e mi piace ancora fare il 9, però in questo ruolo sono al centro del gioco".
Alla Juve e negli altri grandi club il posto fisso non esiste. Sarebbe un problema?
"No, guadagnarsi le cose giorno dopo giorno mi piace. Non ho mai dato nulla per scontato. Amo faticare per raggiungere le cose".
Chiellini, Bonucci e Locatelli le hanno detto qualcosa?
"Qualche battuta la fanno, ci sta. Ma non mi chieda quali… Con i compagni di Nazionale più esperti parlo molto, chiedo consigli e cerco di imparare. A Coverciano vado presto in palestra, ma Giorgio e Leo sono lì sempre prima di me. Allora capisci perché sono arrivati in alto, cosa difficile, e ci sono rimasti per tantissimi anni, cosa difficilissima".
La Champions ha altri ritmi. Si sente pronto?
"Guardandola in tv ti accorgi della differenza. Ed è quella la manifestazione che ambisco a giocare. Io mi sento pronto per velocità di pensiero e se la testa va veloce ci metti meno ad adattarti ai ritmi e all’intensità"
A chi si ispira?
"Aguero, Tevez, Rooney: attaccanti che corrono, campioni con la garra. La garra è fondamentale perché ti spinge oltre i limiti".
Percorre in media 9,873 km a partita: terzo del Sassuolo dietro a Lopez e Frattesi e quinto tra i giocatori offensivi della A dietro a Immobile, Mkhitaryan, Vlahovic, Joao Pedro. E Dionisi prima della sfida con l’Atalanta le disse: «Attacca da trequartista e difendi da mezzala». È garra anche questa?
"Fa parte del mio modo di essere in campo, di vivere le partite. Ho sempre avuto la dedizione al sacrificio. Però devo capire che non si può sempre fare tutto a mille all’ora. La generosità può togliermi lucidità, quindi ho bisogno di imparare a gestirmi".
Capitolo Italia: com’è stato il rientro nello spogliatoio dopo la Macedonia?
"Silenzio totale, delusione tremenda. La fortuna è stata avere compagni di enorme spessore umano che hanno pensato a consolare noi giovani. Durante la partita si capiva che gli eventi non si stavano incastrando nel migliore dei modi. Si percepiva che avremmo potuto fare di più".
La delusione è passata?
"È passata, ma tornerà in autunno. Grazie al mio equilibrio ho smaltito la delusione nello stesso tempo in cui avevo smaltito l’euforia post Europeo. Ma sono cose che devi conservare dentro di te: per ricordare le emozioni che vuoi rivivere e le amarezze che invece non vuoi più riprovare. L’analisi del passato serve: capire cosa ti ha portato al trionfo prima e alla sconfitta poi è fondamentale".
E cosa vi ha portato all’eliminazione dal Mondiale?
"Non c’è una motivazione precisa, probabilmente abbiamo perso un po’ di entusiasmo. Non credo a fortuna e sfortuna, ma all’Europeo si era creata una magia che poi è svanita. In estate qualcosa di superiore ci aveva dato una mano".
Lo spogliatoio di Palermo non si poteva lasciare in condizioni migliori?
"Certo, errore nostro. Abbiamo avuto poca cura. Sono cose importanti. Però mi permetto di dire che la vicenda è stata un po’ ingigantita, forse qualcuno ha voluto farci pagare la sconfitta. Spesso gli spogliatoi sono in quelle condizioni, ma non ne parla nessuno. Detto ciò, ripeto: errore nostro".
La ripartenza azzurra è iniziata con i suoi due gol alla Turchia. Un buon segno?
"Non è stato facile giocare quella partita. Mancini è stato molto bravo a motivarci, a dimostrarci come sempre grande fiducia. Adesso io ho l’ambizione di ritagliarmi uno spazio importante nel nuovo ciclo".
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