Domenica una gara speciale per mister Dionisi, che alla terza in A affronterà Jose Mourinho, pronto a festeggiare le 1000 panchine in carriera. Uno scontro tra un emergente e un veterano delle panchine. Nelle parole del tecnico del Sassuolo al Corriere dello Sport si scorge ammirazione, ma non soggezione: nel calcio ha fatto tutta la gavetta ed è abituato a trovarsi di fronte avversari più esperti. Intanto, però, anche lui è arrivato in A, segnale chiaro che la stoffa ce l’ha.

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Dionisi, dov’era nel maggio 2004 quando Mourinho conquistata la Champions con il Porto? 
"In Serie D, nel Voghera, dove giocavo difensore".

E nel maggio 2010 quando Mou centrava il triplete con l’Inter? 
"Nella Tritium. Vincemmo il campionato di Serie D".

Undici anni dopo, nella stagione del ritorno in A dello Special One, se lo troverà di fronte domenica. Che effetto le fa? 
"Un bellissimo effetto. Mourinho ha segnato la storia del calcio e quando smetterà, lascerà una traccia indelebile avendo vinto due Champions con due formazioni non favorite come il Porto e l’Inter. Ha un grande carisma e indubbie capacità. E’ uno dei migliorie del ventunesimo secolo".

Come sarà incontrarlo?
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In questi anni mi è capitato spesso di incontrare tecnici più esperti. Fortunatamente non sarò io contro di lui, ma il Sassuolo contro la Roma... Non lo avrei mai pensato possibile e invece... Non vedo l’ora di stringergli la mano". 

Cosa teme della Roma? 
"Le individualità e la voglia che hanno mostrato di sacrificarsi. Per noi non sarà facile perché di fronte avremo anche il pubblico dell’Olimpico: quel tifo deve essere un bello stimolo e non condizionarci in negativo come un po’ è successo a Verona".

Via Dzeko, dentro Abraham: Mourinho ci ha guadagnato? 
"Anche se diversi, parliamo di due grandi bomber. Dzeko lega di più il gioco, l’inglese è un vero finalizzatore, abile nell’attaccare l’area avversaria. L’età è dalla sua parte".

Se potesse, toglierebbe lui ai giallorossi? 
"E poi giocherebbe Shomurodov... Meglio non dire nessuno e misurarci con la Roma così com’è ovvero una squadra forte che disputerà un campionato di alto livello. Sarà difficile, ma non saremo vittime sacrificali".

Chi è la favorita per lo scudetto?
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Mi piacerebbe dire l’Atalanta, però credo che chi ha vinto l’ultimo campionato sia la prima candidata insieme alla Juventus".

Per il Sassuolo invece le sette sorelle sono irraggiungibili? 
"I valori tecnici e fisici dei giocatori di quelle squadre sono superiori. In una partita secca può succedere di tutto, ma alla fine in una stagione solitamente i valori emergono. Noi abbiamo ceduto Locatelli, Marlon e Caputo e a oggi non sappiamo dove collocarci. Sicuramente siamo sotto quelle sette: sarà il campo a dire quale posizione meritiamo, dall’ottava in giù. Il nostro inizio è stato positivo, ma è presto per dare giudizi". 

Mancini mercoledì ha chiuso schierando un tridente “Made in Sassuolo” ovvero Berardi, Scamacca e Raspadori. Non male...
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E’ una bella cosa per il Sassuolo e per l’Italia: vuol dire che in Nazionale non ci si arriva solo giocando con le big... Vederli tutti e tre insieme in campo è stato un vanto per il club e deve essere uno stimolo per i ragazzi".

Raspadori ha pure segnato.
"Non mi stupisce. Ora inizieranno a parlarne tutti, ma lui non cambierà atteggiamento perché il ragazzo è più forte del calciatore. Che è bravo si vede da come tocca il pallone, ma quando lo conosci capisci che persona è".

Dal punto di vista tecnico, qual è la sua dote principale?
"Vede la porta, è duttile, continuo durante la partita e intelligente".

In Nazionale si è rivisto Berardi, finora fuori dal Sassuolo anche per motivi... di mercato. Come lo gestirà? 
"In Svizzera ha giocato e non mi aspettavo che durasse così tanto. Ora rientra da noi con entusiasmo e lo accoglierò a braccia aperte contando di rivedere il vero Berardi. Per il Sassuolo in passato è stato un giocatore determinate e dai primi allenamenti ho capito che può esserlo anche in futuro".

A Scamacca cosa manca per fare l’ultimo salto di qualità? 
"Deve trovare continuità nella singola gara e poi nella stagione. Ha doti individuali importanti, è un bravo ragazzo e da quando è arrivato si è applicato molto. Da lui mi aspetto tanto".

La cessione di Caputo lo responsabilizzerà ancora di più? 
"Lui sapeva anche prima di avere la mia fiducia. Caputo è partito perché c’erano giovani bravi e perché tutte e tre le parti (il giocatore, il Sassuolo e la Samp, ndr) erano d’accordo".

Per lei l’eredità di De Zerbi è più un peso o una responsabilità? 
"Direi una responsabilità perché lui ha lavorato qua tre anni, ha fatto bene e ha permesso a tanti giocatori di crescere. La società mi sta dando la possibilità di allenare un gruppo con una grande impronta e io voglio dare continuità, ma non sono De Zerbi. Qualcosa di diverso ci sarà".

A quali tecnici si ispira? 
"Quelli che mi hanno allenato perché li ho conosciuti meglio. Vecchi alla Tritium mi ha dato molto, ma ho imparato anche da chi mi ha preceduto nelle squadre ovvero Marino e De Zerbi".

Sembra felice della gavetta che ha fatto per arrivare fino a qui. 
"Lo sono. Io ho giocato e allenato in D e mai avrei pensato in così poco tempo di arrivare in A. Se ci sono riuscito è grazie ai dirigenti e ai calciatori che ho incontrato nei mio percorso: mi ha permesso di fare gli step giusti. Se fossi partito da più in alto, magari avrei commesso degli errori. Adesso, invece, in Serie A non mi sento fuori luogo. Soprattutto perché ci arrivo dopo aver vinto il campionato con l’Empoli".

Come sono i rapporti con la sua ex società? Si è rotto qualcosa? 
"All’Empoli ripenso sempre con affetto. Se sono diventato l’allenatore del Sassuolo è grazie a quello che ho fatto lì e ai giocatori che avevo. Succede che dopo un addio all’inizio i rapporti non siano idilliaci, ma il tempo mette a posto le cose se ci sono persone vere. Io non mi sono lasciato male, anche se l’ultimo ricordo della gente non è positivo".

Chi è Dionisi fuori dal campo? 
"Una persona tranquilla che ama passare il tempo con le persone a cui vuole bene".

Guarda calcio in tv? 
"Sì e di tutte le categorie. Si può “rubare” qualcosa di interessante sia in D che in A".

I tatuaggi le piacciono? 
"Ho trovato il coraggio di fare il primo a 25 anni e non ne ho molti, ma tutti ricordano momenti significativi della mia vita, dal nome di mia figlia Giorgia a quello dedicato alla vittoria del campionato con la Tritium: non per il risultato in sé, ma per il gruppo che eravamo".

Sezione: News / Data: Ven 10 settembre 2021 alle 08:05
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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