Benedetta Orsi, intervistata da Lfootball, ha parlato di tantissimi argomenti, dicendo la sua sull'annata del Sassuolo Femminile ma tornando anche sugli avvenimenti passati. Ecco le sue parole, partendo proprio dalla stagione in corso: “Un inizio difficile, abbiamo cambiato tre quarti della rosa e quando cambi così tanto ne risenti, l’essere rimasta fuori e non aver potuto aiutare la squadra in attivo può aver influito. Alla fine si gioca in undici, credo che la mia assenza magari si sia sentita nel gruppo: nel trasmettere ciò che il mister voleva si facesse in campo più che dal punto di vista tecnico”.
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Il 21 novembre 2022 c’è stato il rientro in campo e l’assist decisivo, a cosa hai pensato al triplice fischio?
“In realtà avevo fatto qualche minuto contro il Como, quindi avevo già rotto il ghiaccio. Erano passati ormai quasi sette mesi e ho avuto la fortuna di rientrare prima del previsto. Per quanto riguarda l’assist non ho pensato a nulla e a fine partita non avevo realizzato, ero solo contenta avessimo fatto i tre punti. Ero felice di essere in campo perché vedere le partite da fuori stava diventando pesante. Perdevo dieci anni di vita ogni partita (ride ndr), da fuori potevo solo guardare e volevo aiutare le mie compagne”.
Da parecchi anni condividi il reparto difensivo con Maria Luisa Filangeri, siete molto legate anche fuori dal campo? Che rapporto avete?
“Siamo molto legate. Abbiamo fatto il nostro primo anno di Serie A insieme ad Empoli. Ci conoscevamo già grazie alla Nazionale ma non avevamo nessun rapporto. Abbiamo vissuto insieme un anno, poi ci siamo perse un anno per ritrovarci quello dopo. Giochiamo insieme da quattro anni: in campo ci troviamo tanto perché a forza di giocare abbiamo imparato a conoscerci”.
Sei originaria di Sassuolo, per te cosa significa indossare la fascia da capitano della squadra della tua città?
“Era uno dei miei sogni. Qui sono cresciuta e quindi sentivo di poter rappresentare il percorso della società e della squadra. Io penso ci vogliano un certo carattere e determinate caratteristiche per essere capitano. Inizialmente non me la sentivo perché a volte credo di essere troppo impulsiva. Aver indossato la fascia è stato un grande orgoglio, in campo poi non è cambiato nulla”.
Ora ti senti un po’ capitano del Sassuolo?
“Una domanda difficile. In realtà nessuno prevale su altri, sotto questo punto di vista non mi sento capitano. Per chi è nuovo o più piccolo posso rappresentare un appiglio perché magari non è chiaro qualcosa, ma semplicemente perché sono qua da tanti anni, non perché sia io”.
Che capitano è Benedetta?
“Parlo tanto in campo, riconosco di sbagliare spesso modi e maniere però. Non sono quella che chiama le compagne per parlare, se poi serve sono la prima ad essere disponibile ad aiutare. In campo parlo tanto sia in positivo che in negativo sono sincera. Faccio un po’ di chiacchiere, a volte parlo anche da sola ma è la partita”.
Poco meno di un anno fa la brutta notizia dell’infortunio, come hai reagito?
“È successo da sola, in allenamento, con la gamba d’appoggio mentre facevo un anticipo ho sentito un rumore assordante e ho capito subito che mi fossi rotta qualcosa. Poi sono riuscita ad alzarmi, Claudia Ferrato mi ha portato una coppetta di gelato e mi sono rasserenata. Non l’ho vissuto così male. Il giorno seguente ho fatto la risonanza e ho avuto l’esito ma me lo aspettavo. Da lì ho seguito il percorso di recupero”.
Hai avuto momenti di difficoltà?
“La cosa che più mi è pesata, escludendo la smania del rientro delle ultime settimane, è stato il cambiamento fisico. Avevo perso tanti chili: dopo l’operazione non bruciavo, non facevo attività e la gamba era parecchio più piccola rispetto all’altra. Quello mi dava fastidio. Ho tenuto la gamba ferma per un mese e si vedeva tanta differenza. Però ho ripreso velocemente la muscolatura. In realtà ho recuperato in fretta, facevo quasi un nuovo sport: ero sempre in palestra, mi sentivo una body builder (ride ndr). Mettersi in piedi e camminare vedendo questa gamba così piccola è stato uno shock devo essere sincera: mettevo sempre pantaloni larghi per nasconderlo. Avevo paura non tornasse più come prima ma ora sono contenta perché è tornata come prima. Non ho mai avuto particolare dolore, il peggio sono state le punture sulla pancia perché sono agofobica”.
22 anni, la firma sul contratto da professionista nella tua città, che emozione è stata?
“Grande. Più che altro perché siamo riconosciute come professioniste e quindi persone che lavorano. Quando magari mi veniva chiesto cosa facessi nella vita e io rispondevo che giocavo a calcio mi veniva detto ‘ma fai solo quello?’ da un lato mi arrabbiavo ma dall’altro mi rendevo conto che ‘solo quello’ perché non veniva riconosciuto come un lavoro. Farlo con il Sassuolo è stata la ciliegina sulla torta perché tutte le prime volte sono state con questa squadra. Ora siamo più tutelate, ci viene data un’importanza ed un rispetto diverso”.
Il rientro in campo, l’Europeo saltato per l’infortunio, ora nel mirino c’è il Mondiale estivo?
“Sincera? Non ci penso, non ci sto pensando. Questo non significa che io non abbia obiettivi ma non voglio diventino motivo di malessere o malumore. Se dovessi andare sarei la persona più felice ed orgogliosa a maggior ragione dopo quest’anno che ho passato. Se non dovessi andarci le seguirei dalla televisione con grandissimo affetto”.
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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