Manuel Locatelli, centrocampista del Sassuolo Calcio, è stato intervistato da Nero&Verde. Nella prima parte dell'intervista (la seconda verrà mandata in onda la prossima settimana) il giocatore classe '98 ha parlato dei suoi inizi e anche della sua infanzia, quando voleva fare l'investigatore privato: "Ho avuto il calcio in testa da quando avevo tre anni che ho cominciato a capire cosa fosse il calcio però non nego che l’investigatore privato è sempre stato un lavoro a cui mi ispiravo, che mi piaceva tantissimo. Mi piaceva vedere le serie tv, film sugli investigatori, agenti FBI. Ero talmente fissato che mi ero fatto un marsupio con una scheda con scritto ‘Agente FBI Manuel Locatelli’. I miei familiari mi prendono ancora in giro perché ho tenuto ancora quel marsupio. E' un mondo che mi piace. Poi fortunatamente ho avuto la possibilità di giocare a calcio. Guardavo la signora in giallo, la signora Fletcher, e c'era Amos che mi ispirava tanto".
L'arrivo al Milan?
"Ero alle giovanili dell’Atalanta da quando avevo sei anni, avevo legato con la squadra. Quando arrivò la chiamata del Milan ero molto titubante, era un salto importante, mi allontanavo da casa, un momento emozionante ma mi affidai ai miei genitori che mi guidarono su questa decisione. Mi hanno detto che il Milan avrebbe voluto parlarmi e sbiancai. Poi c'è stata una cena e ci siamo convinto, su tutti i miei genitori”.
Il primo allenamento con il Milan?
"Un momento emozionante, mi chiamò Allegri. C'era Kakà, Robinho, De Jong, è stata una cosa emozionante che mi terrò per tutta la vita. Montolivo mi disse di marcare Kakà. Matri mi fece i complimenti alla fine. Quando sono entrato in campo, mi sono guardato in giro e mi sono detto 'ma cosa devo fare io qui?'. Mi ricordo che in partitina mi chiama Montolivo e mi disse di marcare Kakà e lì ho detto 'aspetta un attimo, ma dove sono?'. Poi mi sono allenato cercando di non pensare ed è andato tutto bene”.
Il primo contratto da professionista con il Milan?
"L'attimo del mio primo contratto da pro lo ricorderò sempre. Eravamo io, mia mamma e mio papà. Prima di firmare il mio procuratore era andato a vedere se era tutto ok e noi eravamo in attesa di entrare nella sede di via Turati. C'era il dottor Galliani, persona fondamentale per me e che stimo, mi ha dato la sua penna per firmare e la conservo ancora a casa”.
L'esordio in A?
"Milan-Carpi a San Siro. Emozione incredibile perché esordire a San Siro è meglio che esordire in casa, davanti ai tuoi tifosi. Mi chiama mister Brocchi e mi dice di giocare tranquillo. Il team manager Mentana mi dice 'questa volta è vero, goditi tutto', perché la volta prima con la Juve ci ero andato vicino. E' uscito Poli, San Siro mi ha applaudito per incoraggiarmi, è stato bellissimo".
Il primo gol in A?
"Il destino vuole che lo faccio proprio al Sassuolo. Eravamo sotto, entro, riusciamo a pareggiare con il mio gol e nel momento in cui calcio non penso a niente. Guardo la palla sotto al sette, inizio a correre, non riesco a descrivere quelle emozioni. Ho cominciato a correre, mi hanno buttato giù i miei compagni, non capivo niente. Fu veramente bellissimo. Dopo la partita feci l’intervista a bordo campo piangendo e al rientro in spogliatoio i miei compagni mi menarono, sberle sulla testa, è stato veramente toccante e bellissimo, mi ricordo tutti i miei compagni che mi facevano complimenti sinceri. Il più scherzoso fu Luca Antonelli che mi disse: ‘Adesso le ragazze penseranno anche che sei bello’“ Veramente bello.
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Il gol alla Juve?
"Il momento del gol penso che è stato ancora più forte del primo gol. Era Milan-Juve, quelle partite bellissime da giocare, ti ricordi la singola partita. Io ho fatto quel gol, vincemmo 1-0. Non avevo preparato niente, esultai andando in scivolata con il pubblico in estasi, sembrava un film perfetto".
L'addio al Milan?
"L'attimo in cui mi hanno detto che non facevo più parte del progetto è stato devastante. Su una panchina di Milanello i dirigenti mi dissero che non ero più importante per loro, è stato veramente devastante. Ho fatto il tragitto in macchina piangendo. Andai dalla mia ragazzi e piangemmo insieme, poi chiamammo i miei genitori. Fu devastante ma mi ha aiutato, perchè in fin dei conti anche io avevo bisogno di cambiare”.
Il primo viaggio per Sassuolo?
"Arrivare qui, da Milano, che penso sia la città più bella d'Italia, qui invece ci sono molte aziende, non è stato facile. La mia fidanzata ha la capacità di farmi pensare ad altro, più della tensione di arrivare qui abbiamo parlato di altro. Il primo impatto non è stato positivo. Eravamo al Ricci. Il centro non era il top come quello di adesso, e questo mi ha aiutato perché al Milan avevo sempre tutto e subito, ho sempre visto tutto facile sin dalla tenera età. Il centro non era al top ma la cosa bella che ti rimane sono le persone che ci lavorano perché anche se il centro non era il massimo della disponibilità, della capienza, di tutto, le persone ti entrano nel cuore".
I compagni?
"Boateng è venuto da me, mi ha abbracciato dicendomi di dimostrare quello che sono, finalmente sei qui. Mi ha parlato il mister, portandomi nel suo ufficio. Sono stato accolto bene da tutti. Già da subito l’impressione è che ci fosse un grande spogliatoio”.
L'errore a Napoli al primo anno?
"Ho fatto un brutto passaggio all'indietro, doveva essere l'anno del mio rilancio e non è stato facile sbagliare, pensavo di finire ancora in un vortice di negatività ma sono stato bravo, con il mister e i miei compagni, a tenermi su di morale. Non è stato un bel momento ma sono errori che possono capitare".
Il momento della scintilla quest'anno contro il Genoa?
"Il momento della scintilla può essere Sassuolo-Genoa. Mi sentivo veramente bene, provavo a fare le mie giocate, che so di poter fare, mi riuscivano. E' stato un momento di partite ravvicinate in cui il mister mi ha dato fiducia, io stavo bene mentalmente e fisicamente. Più che una scintilla è stato un percorso di maturità che ho fatto, giocando partita dopo partita prendi fiducia e consapevolezza nei tuoi mezzi e quindi fai le cose che riesci a fare e ti vengono".
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