"Se devo fare una media tra andata e ritorno dico che abbiamo fatto un buon percorso. Se devo dare un voto non lo so, dallo te. Io direi un 7,5 di incoraggiamento per raggiungere l'8, chissà, nei prossimi due anni". Comincia così la lunga chiacchierata che il nostro direttore Antonio Parrotto ha fatto con l'allenatore del Sassuolo Alessio Dionisi. Il mister neroverde si è raccontato in esclusiva ai microfoni di SassuoloNews.net, facendo un excursus dei suoi primi due anni alla guida del club emiliano e proiettandosi ovviamente, tra calciomercato Sassuolo e prospettive, anche sul futuro. Ecco l'intervista integrale al tecnico neroverde.

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Caparezza canta: “Il secondo album è sempre più difficile nella carriera di un artista”. È così anche per un allenatore? Cioè, il secondo anno in una squadra è il più difficile o lei ha riscontrato maggiori difficoltà al primo anno?
"Abbiamo avuto più difficoltà non tanto il secondo anno per l'allenatore, è stata una serie di cose, il secondo anno della squadra che ho allenato perché realmente abbiamo fatto dei cambiamenti che il tempo ci dirà se sono stati positivi. Dei cambiamenti sono obbligatori, alcuni li decidi tu e altri li accompagni. Per me è stata ancora più formativa la prima perché era la prima esperienza, la prima nel Sassuolo, la seconda perché per certi aspetti se la superi è una conferma, in più è stata una stagione lunga e anche più impegnativa, quindi più formativa sicuramente".

Sarà per il terzo anno in Serie A e per il 3° alla guida dello stesso club, la prima volta che accade nella sua carriera. La sua idea del club vista da fuori era uguale a quella che poi ha ritrovato vedendolo dall’interno? Cos’ha di speciale questa società e perché ha deciso di rinnovare?
"Avevo fatto 2 anni al Borgosesia, poi è vero, ho cambiato sempre squadra perché allenavo qualche categoria sotto. Ora il livello è decisamente alto, quindi so anch'io che devo guadagnarmi la fiducia e meritarmela, io, noi, come staff. Abbiamo deciso di rinnovare, ma lo dovrebbe dire la società questo, ha deciso di dare continuità per ripartire con questi due anni dove secondo me si può far bene altrimenti non avrei accettato. Come dice spesso il nostro a.d., è ambizioso. Lo sono anch'io, lo sono i giocatori e lo è la proprietà. L'ambizione è quella di emulare quanto fatto nei 10 anni precedenti del Sassuolo. Cos'ha di speciale? Dopo un errore non vieni giudicato, dopo due errori non vieni giudicato, dopo tre errori vieni supportato. Questo non è solo per l'allenatore, per qualsiasi persona che faccia parte di questo contesto. Al tempo stesso devi avere delle motivazioni dentro di te perché ti può dare e togliere, dipende da come vedi questa realtà: per quello che ho detto ti dà tanto, se invece vedi il bicchiere mezzo vuoto è un contesto più piccolo, è la più piccola cittadina della Serie A, mediaticamente hai meno appeal e meno pressioni, quindi le motivazioni devi averle dentro di te e devi alimentarle, questo è il motivo per il quale delle volte servono scelte coraggiose perché è importante la qualità dei giocatori ma alla stessa stregua le motivazioni dei giocatori".

È sbagliato dire che quella del rinnovo tra lei e il Sassuolo non è stata una trattativa scontata? C'era la volontà da ambo le parti di rinnovare ma c'erano anche delle cose da chiarire, come è normale che sia...
"Sì, sono d'accordo! Non scontata perché per me non c'è mai nulla di scontato, visto da fuori può sembrare ma da dentro niente va dato per scontato. Io onestamente non è che avessi dei dubbi sul confronto tra me e la società, zero dubbi, ma di avere tante conferme di avere quello che pensavo io me lo potevo aspettare ma non era scontato. Abbiamo la stessa idea su quello che bisognerebbe fare. Dico bisognerebbe perché non dipende solo da noi, dipende dagli altri, dipende dalle prospettive, ma abbiamo le idee chiare su quello che dovrebbe avere la prossima squadra del Sassuolo, fermo restando che su chi uscirà possiamo incidere poco ma possiamo determinare chi deve uscire oltre ai papabili per squadre più importanti".

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Su SassuoloNews abbiamo fatto un sondaggio chiedendo se volessero la sua conferma oppure optassero per un cambio. Ha avuto la maggioranza ma c'è anche una minoranza che avrebbe optato per un'altra scelta: cosa si sente di dire a questa minoranza?
"Nulla perché l'opinione è libera, fortunatamente l'allenatore lo faccio io e non loro, le scelte le fa la società e non loro. Se abbiamo dovuto condividere, anch'io mi aspettavo delle risposte per rimanere. Se dovessi basare il mio stato d'animo sull'opinione esterna farei fatica a fare quello che faccio, l'obiettivo è far cambiare idea a una parte della minoranza con i risultati, perché per una parte di loro conta solo il risultato".

La gente soprattutto nel calcio ha la memoria corta. Lo scorso anno è riuscito nell’impresa riuscita ad altri tre allenatori nella storia, cioè battere Juve, Milan e Inter in trasferta. È l’unico allenatore neroverde ad aver battuto due volte la Juve. Quest’anno ha vinto contro Milan, Atalanta e Roma. Le chiedo due cose: nel calcio c’è la memoria corta? E quale di queste vittorie le ha dato più soddisfazione e perché?
"Nel calcio ma anche nella vita c'è la memoria corta, i social hanno preso il sopravvento, con pro e contro, viviamo molto di estetica e immediatezza. In tanti fanno storie sui social, quanto dura una storia? La gente si dimentica in fretta, tanto più in uno sport così mediatico, in Italia è molto mediatico il calcio e bisogna saperci stare. Ci sono tantissimi pro e i contro vanno saputi gestire, non la vedo come una criticità specie se questa criticità ha anche tante positività. Le vittorie? Forse quella che ci ha fatto rimettere i piedi per terra e alzare la testa è stata quella a San Siro con il Milan di quest'anno perché era un momento significativo, con diverse defezioni, Rogerio ha giocato a destra e non ci aveva mai giocato, e i ragazzi sono stati bravi, per me è quello che andrebbe ogni tanto sottolineato: il Sassuolo di quest'anno non era la continuità di quello dell'anno scorso, il Sassuolo dello scorso anno non era assolutamente la continuità di quello precedente. Ci sono due squadre della nostra classifica che hanno venduto tre attaccanti, l'altra ha fatto lo spareggio per non andare in Serie B (il Verona, ndr), poi ci siamo noi. Vendere tre attaccanti su quattro titolari e sostituirli anche investendo, non è semplice ma non è semplice per la società che non può dire di no e deve fare delle cessioni perché quando si prospettano delle cose così importanti per i giocatori anche una società, un'azienda, non può dire di no ma al tempo stesso il peso che dai ai nuovi arrivati, le scelte che fai, innanzitutto speriamo di non averle sbagliate, poi vanno supportate, difese e accompagnate. Nei 9 precedenti anni c'è mai stato un Sassuolo che ha venduto tre attaccanti titolari nella stessa stagione? Secondo me si fa fatica a trovarli. Ma non bisogna fare paragoni perché c'è stata un'opportunità per i giocatori e per la società ed è giusto coglierla se è un'opportunità per tutti".

Il Sassuolo anche per questi successi viene definito ammazzagrandi. Questa paradossalmente può essere anche una cosa negativa? Mi spiego: il Sassuolo fa spesso bene con le grandi ed è un merito ma con le piccole invece ha spesso difficoltà come se avesse un po’ di presunzione, anche se negli ultimi tempi c’è stato un miglioramento. È riuscito a estirparla del tutto secondo lei?
"Sono d'accordo con te. È bella questa definizione del Sassuolo se riuscissimo a dare continuità con squadre del nostro livello sarebbe il top. Nel girone di ritorno, non parlo di risultati ma di prestazioni, dal mio punto di vista abbiamo sbagliato solo quella con la Salernitana. Abbiamo cambiato un po' le scelte dei giocatori cercando di avere anche motivazioni, perché se un giocatore gioca nel Sassuolo e si crede ammazzagrandi non ha la capacità che hanno le grandi squadre di approcciare anche con squadre di un livello inferiore da grande squadra. Noi siamo una squadra di medio livello, che lo deve dimostrare, non è scritto che il Sassuolo possa sempre ambire a una zona di mezzo, che poi approccia nel modo sbagliato con le squadre del suo livello perché viene definita ammazzagrandi e diventa il cane che si morde la cosa. Siamo migliorati ma non escludo che possiamo peggiorare e quindi bisogna combattere questa cosa. Come? Avendo giocatori motivati, andare a iniettare la motivazione nel giocatore non è semplice, la motivazione è quella che ti fa fare una corsa in più piuttosto che una corsa in meno e sono due corse in meno, moltiplica per 10 giocatori o per 14-15 se uno fa 5 cambi, diventano 30 corse, sposta tantissimo, sono km".

Uno degli obiettivi della società è quello del dei giocatori. Lei in questi anni ha fatto crescere molti giocatori e il Sassuolo, fra gli altri, ha ceduto Scamacca per oltre 40 milioni, Raspadori per 30 milioni, Traoré per 30 milioni, Frattesi viene valutato 35-40 milioni: la possiamo chiamare mister plusvalenze?
"Questo termine piace ai dirigenti, non all'allenatore (ride, ndr). Penso di essere giusto per il contesto perché credo che un allenatore si debba adeguare alla società che allena e non dimenticarsi di che contesto fa parte. Se sono stati valorizzati dei giocatori è perché quei giocatori hanno delle qualità. Poi l'altra cosa che permette ai giocatori di valorizzarsi sono i risultati, precedentemente ai nostri sono stati ottenuti dei risultati migliori per certi aspetti ma con una rosa diversa, magari più esperta, quindi è anche vero che i più giovani hanno prospettive di crescita maggiori e io cerco di valorizzare chi ho davanti a me, cercando di valorizzare le loro qualità. Lo scorso anno si era deciso ad esempio di giocare a due a centrocampo non solo per dare continuità con la stagione precedente ma perché secondo me era il sistema di gioco migliore per due giocatori potenzialmente importanti come Scamacca e Raspadori ed è stata una scelta giusta se la si guarda poi dopo. Lo stesso per Frattesi, dopo aver giocato a due e non era convinto di poterlo fare, siamo passati a tre perché eravamo convinti di avere una mezz'ala molto importante e lo ha dimostrato, dovrà essere bravo a ridimostrarlo se dovesse rimanere qua o se dovesse andare da un'altra parte. Io ho fatto questi esempi ma il contesto squadra, l'equilibrio di squadra, è quello che dà valore ai singoli, ricordandoci che in ogni squadra ci sono dei singoli che spostano e averli o non averli fa tutta la differenza".

Il Sassuolo si pone anche come obiettivo quello di lanciare i giovani. Hanno fatto un po’ discutere le sue parole sui giovani della Primavera che non sono pronti per la prima squadra. Quali sono secondo lei le soluzioni per avere dei giovani pronti?
"La mia era un'affermazione che penso ma era più una provocazione, nel non voler rispondere a domande che successivamente vengono fatte: 'Chi è pronto?'. Perché quando la Primavera consegue dei risultati è consequenziale che sono forti, ora c'è stata l'Italia Under 20 in finale per la prima volta al Mondiale ed è tanta roba, ma questo non vuol dire che prima non si dava fiducia e ora sono bravi e non gli si dà fiducia, io volevo ricordare che dalla Primavera alla Serie A c'è un abisso, la mia era una 'provocazione'. Poi, se accompagnati, e qualcuno deve essere accompagnato con un percorso, qualcuno con una scelta coraggiosa, perché se metti un centrocampista della Primavera in una rosa della prima squadra dove ne hai 8 a disposizione e giocano in 3, l'allenatore quando mai potrà far capire che lo sta seguendo e che potrebbe avere una possibilità? Se ci si crede si mette nei 7, ma se deve giocare ci si assume la responsabilità. Noi siamo responsabili della sua crescita perché la cosa che toglie di più a un giovane è non supportarlo quando sbaglia ma dalla Primavera alla Serie A c'è un abisso, ma dalla Primavera a una prima squadra di qualsiasi livello per certi aspetti c'è tanta differenza. Poi credo che ci siano dei potenziali giocatori di Serie A nelle Primavere, sta individuali nel contesto giusto e con il percorso giusto".

Quando parla invece di giocatori pronti cosa intende? Cioè, è sbagliato dire che vorrebbe più profili alla Laurienté o alla Erlic?
"No, non è sbagliato. È giusto perché hanno fatto un percorso che li porta già ad essere dei titolari anche in questa squadra. Le qualità le hanno, poi c'è competizione. Laurienté è arrivato e ha giocato, prima a destra e poi a sinistra, non ha giocato solo una volta per scelta. Martin è arrivato, all'inizio non ha giocato, poi ha trovato continuità per merito suo. Ci sono campionati di un livello e campionati di un altro livello: è normale che se attingi da certi campionati potrebbe darsi che ce la facciano in poco tempo ma non devi darlo per scontato, se invece arrivano da campionati come quello italiano, di pari livello o simile, è più facile per loro essere buttati dentro perché sanno che devono essere prestativi, sono già abituati a quello, all'errore, alla pressione di un compagno che se sbagli un passaggio ti guarda male, questo esiste in tutte le squadre".

Ha dettato le linee guida alla società per il mercato, sono diversi anche i messaggi lanciati a mezzo stampa. C’è sintonia su questo? Lei avrà più potere sulle scelte di mercato?
"No, io non ho chiesto quello e mai mi permetterei di chiedere quello perché il rispetto dei ruoli è sacro. È difficile ma chi rispetta i ruoli per me è vincente, mai bisognerebbe arrivare a quello. L'allenatore deve fare l'allenatore ma poi, siccome li allena l'allenatore, più la scelta è condivisa e meglio è, così è più chiara. Ci può stare anche che lo sia meno ma a quel punto è normale che l'allenatore, dopo due anni insieme, possa fare un passo indietro. Per me è solo avere un'idea più lineare possibile e più condivisione possibile, poi a quanto comprare e a quanto vendere non spetta a me, chi comprare e chi vendere non spetta a me, certo far selezione eventualmente far scegliere chi prima e chi dopo nella lista spetta a me ma poi dipende dalle opportunità, da quanto puoi offrire, chi può essere prendibile e parlo di eventuali arrivi. Già è impegnativo far l'allenatore, altrimenti avrei fatto il dirigente. C'è un amministratore delegato, c'è un direttore sportivo, sono loro che devono fare le operazioni ma nel mio caso ho espresso la mia opinione sulla squadra e sui cambiamenti potenziali e possibili e abbiamo condiviso tanto, ma non abbiamo parlato di giocatori o di nomi perché un allenatore poi deve capirle anche certe cose".

Se il Sassuolo dovesse perdere Frattesi e Berardi perderebbe quasi il 40% dei gol realizzati nell’ultima stagione. Non sarebbe un azzardo troppo grande?
"Sarebbe un azzardo però l'anno scorso che percentuale abbiamo perso di gol? Nessuno lo ha detto ma abbiamo perso il 50% dei gol: Scamacca 16, Raspadori 10, Traoré 7. Domenico è giusto che venga sempre chiacchierato perché è il giocatore più importante, è il simbolo di questa squadra, ma al tempo stesso è da vedere. Io spero di riallenarlo come per certi aspetti spero Davide ma se avranno un'opportunità migliore e sia loro che la società acquirente e la società Sassuolo saranno convinti non mi opporrei, sarebbe controproducente opporsi, ma a quel punto sarebbe controproducente leggere il paragone con il Sassuolo precedente perché lo sarebbe per i giocatori e per un eventuale campionato altalenante, sarebbe controproducente per me dire che il paragone è quello con l'anno scorso. Vedremo quanta continuità di motivazioni riusciremo a dare, io spero tanta".

Lei in passato ha dichiarato che lo spazio è l’attaccante aggiunto di una squadra. Chi lo attacca meglio nel Sassuolo è Frattesi che dovrebbe andare via. L’anno prossimo cambierà modo di giocare o pensate di riuscire a trovare un giocatore con caratteristiche simili?
"A prescindere da chi andrà via o no per me non avere giocatori che sappiano attaccare gli spazi è un rischio, chi li sa attaccare ha più volontà di attaccarli, per dove sta andando il calcio con tanta marcatura a uomo, tanta difesa in avanti, diventa determinante avere giocatori che sanno attaccare gli spazi e più di tutti lo spazio lo attacca chi ha come qualità quello: tu puoi convincere un giocatore a fare una cosa un po' diverse dalle sue qualità però la farà sempre meno di quello che è nelle sue corde. Poi io non sono un allenatore, ad esempio, che chiede all'attaccante di fare il terzino e al terzino di fare l'attaccante. Fosse per me avremmo bisogno di più giocatori che sanno attaccare gli spazi perché per me lo spazio è vincente, è l'attaccante aggiunto, il movimento genera altro movimento e io credo tanto in questo e avere giocatori che non lo sanno fare o non ce l'hanno nelle loro qualità non mi piace, perché ora è determinante".

Che Laurienté si aspetta di ritrovare nella prossima stagione?
"Più motivato! Abbiamo un giocatore forte, indiscutibilmente ha stupito un po' tutti, non tanto noi, nei numeri forse sì, non me l'aspettavo così efficace ma pretendo da lui che sia più motivato. Non vedo l'ora di riallenarlo perché lui non ha finito la stagione con noi. Spero stia bene, è un bravissimo ragazzo con qualità importanti. Spero di riuscire insieme a lui, alla squadra e allo staff di tirare fuori quello che ancora non ha fatto vedere perché è più bravo di quello che ha fatto vedere, però serve ancora più motivazione perché lui aveva una motivazione diversa quando è arrivato rispetto a quando ha finito ed è normale, lui sperava di poterci stare in una squadra nuova e si è guadagnato la titolarità per merito ed è stato determinante, poi a un certo punto lui non ha più voluto stupire e mi aspetto quello da lui. Nella parte finale di stagione gli avversari hanno iniziato a capire quanto potesse essere determinante e hanno cercato di limitarlo in modo diverso rispetto all'inizio".

Anche Pinamonti è più forte di quanto ha fatto vedere? In maniera secca: il prossimo sarà il suo anno?
"Che possa fare di più di quanto fatto quest'anno sì, che debba essere supportato sì, che farà meglio è una speranza, che sarà l'anno di Pinamonti...io spero che sarà l'anno del Sassuolo perché di conseguenza sarebbe l'anno di tutti i giocatori. Pinamonti è un giocatore che ha poche specificità ma sa fare bene tante cose e bisogna metterlo nelle condizioni migliori ma anche lui deve metterci del suo".

Consigli e Defrel in una recente intervista hanno detto che per restare ad alti livelli ci vuole passione. E per restare ad alti livelli, da allenatore, cosa ci vuole?
"Curiosità, tanto equilibrio, poi io sono ad alti livelli da pochissimo e credo che l'equilibrio sia alla base perché si vive troppo di estremi in questo sport e spero che l'equilibrio possa essere la mia forza, altrimenti si fa fatica a gestire i momenti difficili. Poi essere consapevole dei propri mezzi nelle difficoltà perché la difficoltà è dietro l'angolo e se sei consapevole dei tuoi mezzi nelle difficoltà sarai migliore quando le cose girano, perché poi girano. Ovvio che passione ce n'è, altrimenti è difficile".

Anche lo staff immagino sia anche un altro elemento molto importante. Ormai sono abituali e bellissimi gli abbracci con il team manager Fusani sui rigori, ad esempio. Che importanza dà al suo staff? E poi nello specifico Magnanelli che apporto ha dato in questa stagione? Può fare l’allenatore?
"Lo staff ha molta importanza, non solo per l'allenatore ma anche per la squadra perché sono allenatori da un'altra prospettiva, quindi con meno responsabilità ma con grande importanza, perché per me la responsabilità è assumersi la responsabilità dell'errore e chi sbaglia è l'allenatore. Sono importanti quanto l'allenatore all'interno di un gruppo, sono molto importanti nella condivisione, non della scelta, l'opinione è libera, se mi renderò conto che un membro dello staff non è in grado di esprimere la propria opinione calcistica all'interno di una riunione per me è una sconfitta, perché lo staff serve per capire, rafforzare o mettere in discussione la propria opinione. Io credo molto nel lavoro di squadra e Magnanelli fa parte di una nuova squadra per lui perché ha giocato per una vita nel Sassuolo, è stato una bandiera, ha ottenuto grandi risultati. Si è calato molto bene in questo nuovo ruolo, fermo restando che è al primo anno e non è semplice: per certi aspetti è un vantaggio far parte di uno staff della squadra dove lui ha giocato, lui è un tecnico dei suoi ex compagni di squadra e li conosce, sa come approcciare, ma al tempo stesso è difficile perché si è dovuto staccare da quelli che sono i suoi amici. È stato bravo, è stato molto utile per noi, credo che anche per lui questa esperienza sia stata molto formativa. Non so cosa c'è nel suo futuro, in quello immediato c'è che fa parte dello staff, poi in futuro sarà lui a fare delle scelte per se stesso".

Fattore D. Di Francesco, De Zerbi e adesso Dionisi. Di Fra dopo il Sassuolo è andato alla Roma, De Zerbi allo Shakhtar e ora allena in Premier. Le ambizioni di Dionisi quali sono?
"Prima di tutto confermarmi con il Sassuolo, poi non ho la fretta di dire domani devo allenare... sono contento di mettermi in gioco, e io sarei felicissimo di confermarmi, questo è il mio obiettivo, poi se nelle conferme ci saranno delle possibilità diverse sarò felice perché sono ambizioso come lo siamo tutti, è nell'indole umana esserlo, ma prima di tutto mi piacerebbe confermarmi in Italia, poi un dopo dopo domani mi piacerebbe altro, ma mi piacerebbe confermarmi in Italia prima di essere un allenatore oltre confine".

Tre obiettivi che vuole porsi per la prossima stagione.
"Il primo è confermarci, che non vuol dire ripeterci ma vuol dire essere all'altezza della maglia e dei colori che portiamo e non è scontato. L'altro obiettivo è avere un'identità perché è importante. Ho ereditato una squadra che aveva già una forte identità. Sono in una realtà che ha avuto sempre una sua identità e ho allenato sempre squadre che a fine anno ho riconosciuto con una forte identità, delle volte si riesce meglio delle volte peggio, quest'anno ci abbiamo messo un po' più di tempo ma sono contento di dove siamo arrivati. Mi piacerebbe essere più veloci nel costruire un'identità, sarebbe importante. Il terzo obiettivo ovviamente tirare fuori ancora di più dai ragazzi che ritengo abbiano margine delle possibilità più grandi di quelle che hanno oggi: sarebbe una soddisfazione per me e per tutto il mondo Sassuolo".

A lei piace Jovanotti. C’è una frase delle sue canzoni che potrebbe usare per descrivere la sua avventura a Sassuolo?
"'La vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare' perché è una visione ottimistica di tutte le cose, dipende dalla prospettiva con cui guardi le cose: se la vertigine è paura di cadere sei pessimista, se la vertigine è voglia di volare è una visione ottimistica di tutto. A pensare negativo si è sempre in tempo, io non dico che sono ottimista per natura, cerco di essere equilibrato, ma credo che a pensare male ci sia tutto il tempo per farlo e mi piace essere ottimista, anche quest'anno in alcuni momenti ho cercato di essere equilibrato/ponderato/ottimista, poi se vedo troppo ottimismo cerco di abbassarlo un pochino, cerco di usarlo col bilancino. Sicuramente è una frase non solo delle due stagioni a Sassuolo, per me allenatore è questa".

In una delle sue prime interviste disse di essersi ripromesso di regalarsi un orologio. Si è fatto questo regalo? Per il campionato di quest’anno invece a cosa pensa?
"Mia moglie mi rimprovera di questo perché ancora non me lo sono regalato. Appena raggiungo un obiettivo, allora penso a quello dopo. Se capiterà, ma per ora no. Cosa mi regalerò? Una vacanza con la mia famiglia perché l'anno scorso non l'ho fatta. Ho due bimbe e una moglie con la quale condivido poco tempo durante la stagione calcistica, andrò in vacanza e questo sarà il regalo più bello: stare con la mia famiglia e con i miei amici, è la cosa più bella. Andrò in vacanza con la mia famiglia e spero di dedicare un po' di tempo ai miei amici, appena finita la stagione un po' l'ho fatto, spero di poterlo fare anche una volta finite le vacanze".

Si ringraziano mister Alessio Dionisi e l'ufficio stampa del Sassuolo per la cortesia e la disponibilità dimostrate in occasione di questa intervista.

Sezione: Esclusive / Data: Gio 15 giugno 2023 alle 12:00
Autore: Antonio Parrotto / Twitter: @AntonioParr8
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